Dalla lite alle molotov in casa, padre e figli a processo

I fatti avvennero a Cavaria nel 2006, a farne le spese una famiglia di nigeriani. L'anno scorso l'arresto dei presunti responsabili ora a processo tra i quali Alan Capuano, uno degli attentatori della caserma di Porto Ceresio

Sono passati più di sei anni da quel giorno di novembre quando alle 5.50 di una fredda mattina autunnale una serie di scoppi fecero svegliare mezzo paese. Ad andare a fuoco erano l’auto e l’appartamento di una famiglia mista, composta da italiani e nigeriani, che viveva in uno stabile di via Sant’Antonino. Era la vendetta servita a freddo, il giorno dopo una lite da un padre 70enne, Luigi Capuano che era stato coinvolto nella lite del giorno prima, e i due figli Massimo e Alan. Ora sono tutti e tre a processo per quei fatti, dopo che nel febbraio del 2012 vennero arrestati a oltre cinque anni dagli avvenimenti, dopo una complessa indagine dei Carabinieri di Busto e del sostituto procuratore Roberta Colangelo con le accuse di tentato omicidio aggravato in concorso, minacce e violenza privata.  Per Alan Capuano non è nemmeno la prima volta in quanto condannato (anche in secondo grado) per il tentato omicidio del maresciallo dei Carabinieri di Porto Ceresio Sambataro nel 2007 e per gli spari d’intimidazione alla stessa caserma avvenuti il giorno prima. 

Secondo l’accusa Alan, Massimo e Luigi avrebbero preso parte al raid punitivo nei confronti di Tosky Obaseki, vero obiettivo della punizione perchè il giorno prima aveva osato protestare per alcuni lavori di muratura che il capostipite stava eseguendo in un appartamento confinante con il suo. Da quella lite era scaturito anche un contatto fisico nel quale entrambi avevano riportato lesioni. In un secondo momento l’uomo tornò con i figli per recuperare la sua auto e condire il tuto con minacce verbali. A sera tutto sembrava essersi concluso ma prima dell’alba i tre avrebbero messo in atto la spedizione. In aula sono stati ascoltati quasi tutti i testi dell’accusa, a partire dal cognato italiano di Ombaseki, la moglie nigeriana e sorella di Tosky, una vicina di casa che ha visto due ragazzi rompere il vetro dell’auto poi data alle fiamme, gli operatori di Polizia Giudiziaria che hanno lavorato al caso. Nella prossima udienza verranno ascoltati i testi della difesa.


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Pubblicato il 09 Aprile 2013
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