Quel residence nel parco del Ticino è un delitto paesaggistico

Cinque rinvii a giudizio per i responsabili del maxi abuso edilizio senza precedenti in via Battisti. Decine di appartamenti abusivi, disboscati oltre 11 mila metri quadri di bosco nel parco del Ticino con la complicità dell'ex-responsabile dell'ufficio tecnico

Si tratta di un reato che viene contestato per la prima volta dalla Procura di Busto Arsizio e in provincia di Varese in generale, forse la prima volta nel nord Italia: il delitto paesaggistico, ovvero un abuso edilizio talmente grosso da avere un articolo di legge del codice dei beni culturali, tutto per sé. A commetterlo sarebbe stata l’impresa edile Farinelli che a Golasecca (in via Cesare Battisti) ha realizzato un complesso immobiliare di 15 edifici composti da decine di appartamenti, con piscina, campi da calcetto e spogliatoi. Il tutto senza che il responsabile dell’ufficio tecnico che ha preceduto quello attuale muovesse un dito per fermare lo scempio avvenuto tra il 2007 e il 2010 in un’area boschiva grande quanto quasi due campi da calcio, all’interno del parco del Ticino e rasa al suolo senza alcuna autorizzazione .

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Golasecca, il residence al centro di un’inchiesta della Procura 4 di 18

La Procura della Repubblica di Busto Arsizio, che ha presentato questa mattina (venerdì) i risultati dell’indagine, ha disposto il rinvio a giudizio di 5 imputati per una serie di gravi reati “ambientali”, fra i quali il “delitto paesaggistico”. Davanti al giudice si presenteranno, dunque, il titolare dell’impresa committente e proprietario dell’area, i responsabili delle imprese esecutrici, il progettista e direttore dei lavori, l’ex-responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Golasecca. L’udienza è già stata fissata davanti al giudice per le indagini preliminari per il 18 settembre prossimo.

Ad entrare nel merito dell’indagine, condotta dal Corpo Forestale dello Stato in collaborazione con

l’ufficio tecnico del Comune, è il responsabile di Polizia Giudiziaria per i reati ambientali Davide Corbella che sottolinea la presenza, tra i 5 imputati, vi è anche l’allora Responsabile dell‘ Ufficio Tecnico Comunale. Dalle indagini è emerso, infatti, che il tecnico ha rilasciato i permessi a costruire senza autorizzazione paesaggistica al disboscamento del terreno, non ha attuato i controlli e la vigilanza e non ha adottato le sanzioni necessarie circa gli abusi edilizi che venivano nel tempo realizzati nel più totale spregio delle regole. Addirittura, dopo essersi licenziato dal Comune è stato assunto regolarmente alle dirette dipendenze della società immobiliare committente delle opere in questione. In questa vicenda, come in molti altri casi simili, si intrecciano gli interessi speculativi del privato con taluni uffici della Pubblica Amministrazione. Ma è anche grazie alla amministrazione insediatasi nel 2010 e guidata da Maria Maddalena Reggio che si è arrivati al risultato presentato oggi.

L’intervento edilizio è stato eseguito in una delle aree con i vincoli più restrittivi dal punto di vista paesaggistico, sia perché il territorio è compreso nel Parco Regionale del Ticino, sia perché si trattava di un bosco di pregio. Come si vede dalle due immagini aeree (prima e dopo l’intervento) quest’area è stata disboscata per una superficie pari a circa 11.600 mq e, in seguito, sono stati realizzati diversi edifici ) non previsti dal progetto (tra i quali spogliatoi, palestra, piscina e campo di calcetto)e, quindi, completamente abusivi, così come risultano abusivi ben 24 appartamenti ricavati dai sottotetti, in più rispetto a quelli autorizzati. Inoltre, anche ogni edificio autorizzato è stato realizzato in una diversa collocazione rispetto al progetto presentato. Tutti questi interventi hanno comportato,anche sulla base degli accertamenti disposti dal Comune, un notevole ampliamento della volumetria che ha superato la soglia dei 750 mc, oltre la quale si può contestare il delitto paesaggistico.  Come se non bastasse Corbella sottolinea, infine, che sono stati accertati ulteriori reati per quanto riguarda la mancanza di validi progetti, denunce e collaudi del cemento armato oltre alla mancanza del certificato di prevenzione incendi dei Vigili del Fuoco.

«Ci troviamo raramente di fronte a delitti ambientali che riguardano il paesaggio e che ne costituiscono una violazione, siamo abituati a sentire questo tipo di reati nel sud Italia e non di certo in una provincia come questa. Siamo di fronte a manufatti realizzati abusivamente per intero che impattano pesantemente sul territorio – ha spiegato il procuratore facente funzioni Eugenio Fusco che poi ha individuato subito la responsabilità di quanto accaduto – dove sono i controlli? Chi doveva farlo non lo ha fatto. Ci sono state grandi carenze per mancata vigilanza».

«La contestazione di questo reato è una vera e propria rarità in campo ambientale, contestato certamente per la prima volta in questo Circondario, in una materia ove il ricorso al reato contravvenzionale è sempre stato privilegiato dal Legislatore – ha spiegato il sostituto procuratore Cristina Ria, titolare delle indagini – nel caso in esame l’intervento ha riguardato un’area compresa nel Parco Regionale del Ticino, pertanto vincolata dal punto di vista paesaggistico ope legis. Questo, insieme al superamento del limite di legge per la cubatura ha permesso la contestazione di questo tipo di reato che prevede sanzioni di tipo penale con reclusione da 1 a 4 anni e una prescrizione più lunga».

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Pubblicato il 19 Luglio 2013
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