La Tares ucciderà il commercio. Mille imprese a rischio chiusura

Il grido di dolore di Uniascom contro la nuova tassa sui rifiuti. Aumenti che arrivano fino al 400%, cifre insostenibili per la maggior parte dei commercianti. Pochi i comuni che hanno accettato un tavolo di confronto con l'associazione. Nella sede di via Valle Venosta si è parlato anche di «sciopero fiscale»

«La Tares ci ucciderà». È un grido di dolore che impressiona non solo per i toni, ma perché si leva dalla sede di Uniascom, associazione di categoria poco abituata a urlare e dove per tradizione sui falchi prevalgono le colombe. Per il segretario generale Sergio Bellani è «un dispiacere usare questi toni, ma se si uccidono le piccole imprese in Italia si uccidono l’economia e l’occupazione». A testimoniare questo dramma sociale ed economico che stanno vivendo i commercianti, sono stati chiamati i rappresentati delle categorie più colpite dalla nuova tassa sui rifiuti. Per alcuni di loro le cartelle esattoriali saranno come una falce che, secondo i vertici di Uniascom, nei prossimi sei mesi in provincia di Varese mieterà almeno mille piccole imprese. «Uno stillicidio che rischia di passare sotto silenzio – sottolinea Bellani – con un costo sociale enorme, considerato che la maggior parte di loro non avrà ammortizzatori sociali».
Per alcune categorie come quella dei fioristi, ristoranti, bar, macellerie, distributori di carburanti e pizzerie il prezzo da pagare sarà altissimo e in molti casi insostenibile perché si parla di aumenti anche del 415%, come nel caso di Laura Pravettoni rappresentante dei fioristi, che per un negozio a Saronno è passata da 248 euro a 1267 euro. Stesso discorso per pizzerie e ristoranti che vedranno aumentare l’importo della tassa in modo sproporzionato. «In alcuni casi si passerà da 4000 euro a 20.000 euro e così gli esercenti si troveranno di fronte a una scelta ugualmente drammatica: o chiudere o licenziare per continuare ad andare avanti» spiega Giordano Ferrarese presidente provinciale della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi).
C’è qualcosa di illogico in questa nuova tassa perché, basandosi sulla metratura dei locali, andrà comunque a impattare in modo devastante anche in quei casi in cui i parametri applicati dai comuni saranno percentualmente più bassi rispetto ai precedenti, come nel caso dei negozianti di mobili. «La verità è che la nuova tassa dovrebbe essere parametrata sull’effettivo utilizzo del servizio – dice Stefano Calzavara di Federmobili -. Per la natura stessa del nostro lavoro, noi abbiamo superfici grandi e per un’area espositiva di 10mila metri quadri ci troveremo a pagare cifre intorno ai 18 mila euro. Mentre la tassa dovrebbe essere pagata per i soli locali che producono rifiuto, ovvero gli uffici, considerato che facciamo già la differenziata. Se a questo sommiamo anche il credit crunch difficilmente riusciremo a pagarla».
Stesso discorso per i distributori di carburanti che si trovano a pagare somme notevoli per un bugigattolo, perché la tassa ha come riferimento l’intera area della pompa di benzina. Umberto Raimondi, presidente provinciale della Figisc (Federazione italiana gestori impianti stradali carburanti), non sa ancora quale sarà il suo aumento perché il comune di Olgiate Olona non ha ancora deliberato, ma oltre all’incertezza deve fare i conti con un calo del 30 per cento delle vendite.
Uniascom si è mossa per tempo mandando qualche mese fa una prima lettera ai comuni e una seconda raccomandata a settembre, non solo per verificare la disponibilità a una concertazione sulla Tares, ma per sapere che intenzioni avessero in merito. «La risposta è stata a dir poco tiepida – dice Roberto Tanzi (foto), direttore di Ascom Varese -. Hanno risposto in dieci su settanta e in pochi hanno accettato di aprire un tavolo di confronto, tra cui il comune di Varese che si è dimostrato disponibile nonostante avesse un problema di quadratura dei conti. Il ritocco delle percentuali è stato tra il valore minimo e la metà dei parametri stabiliti dal decreto Ronchi. Ad esempio, per i ristoranti e le pizzerie si è passati a 31 euro al metro quadro con un incremento del 70%».
Secondo Antonella Zambelli, consigliere nazionale per i pubblici esercizi, oltre alla Tares che ha portato a un aumento medio della tassa dell’80%, a complicare le cose è stata la liberalizzazione. Oltre ad aver innescato una guerra tra imprese già in difficoltà a causa della crisi, non ha contribuito minimamente a bloccare la mortalità delle stesse. «I dati – precisa Zambelli – dicono che in Italia nel 2013 ci sono state 8 mila nuove aperture, a fronte di 11mila chiusure. Ai primi di settembre hanno chiuso 70 punti vendita di Autogrill a fine anno se ne prevedono 200». 
«Fanno passare la voglia alle persone» aggiunge  Aldo Canuto di Federcarni. E come dargli torto: a Gallarate su 64 macellerie ne sono sopravvissute solo 8 a cui la nuova tassa rischierà di dare il colpo di grazia.
C’è un ulteriore capitolo che andrebbe aperto ed è quello degli ambulanti che avendo la loro attività ripartita su più comuni dovranno far fronte a una raffica differenziata di aumenti.
Un quadro complessivo a dir poco funesto a cui i commercianti cercano di rispondere con razionalità e moderazione anche se, nonostante gli sguardi preoccupati del vice presidente di Uniascom Romeo Mazzucchelli, nella sede di via Valle Venosta le parole «sciopero fiscale» hanno risuonato più volte.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Ottobre 2013
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