“La gente ha bisogno di profondità”

“Il visitatore” per la regia di Valerio Binasco è in scena al teatro delle Arti di Gallarate. Freud è interpretato da un grandissimo Alessandro Haber; il misterioso visitatore che gli appare in casa e che insinua in lui è un altrettanto bravissimo Alessio Boni

Una sorta di pazzo di shakespereana memoria, nell’apparenza ben distante dal dandy descritto da Schmitt, e un Freud gravemente malato, tremante, vecchio e preoccupato per la sorte della figlia Anna, trascinata via dalla Gestapo e di cui non sa nulla. Sullo sfondo, o meglio, per la strada, i canti nazisti in una Vienna invasa: è il 22 aprile del 1938.
“Il visitatore”, l’opera scritta da Éric-Emmanuel Schmitt nel 1993 e tradotta due anni dopo anche in italiano, dopo la messa in scena del 1996 con Kim Rossi Stuart e Turi Ferro, è ora in tournée per la produzione Goldenart, con regia di Valerio Binasco, e ieri sera ha avuto la sua rappresentazione al teatro delle Arti di Gallarate, dove replicherà questa sera, mercoledì 27 novembre, alle 21. Non prima però che la compagnia incontri, alle 18,30 alla libreria Biblos Mondadori, il pubblico che vorrà conoscere un po’ più da vicino la storia e i suoi protagonisti.
E che protagonisti.
Freud è interpretato da un grandissimo Alessandro Haber; il misterioso visitatore che gli appare in casa e che insinua in lui, ateo, il dubbio del trascendente e dello spirituale, e che potrebbe essere Dio, è un altrettanto bravissimo Alessio Boni. In scena accanto a Francesco Bonomo, che interpreta il soldato nazista, e Nicoletta Robello Bracciforti, che dà volto e voce e movenze a una Anna, figlia del filosofo, che incarna nello stesso tempo la decisione e la fragilità, la forza e la paura. Che incarna, insomma, la donna in tutte le sue sfaccettature e in tutti i suoi ruoli.
Non si stenta a credere ad Alessandro Haber quando dice “arrivo sempre sudato alla fine” di quei centoquaranta minuti sul palco. «Mi trasformo – aggiunge infatti l’attore -, interpreto un personaggio curvo, malato, tremante, che si muove faticosamente”. E alla tensione fisica di un’interpretazione che riesce a trasformare in realtà la condizione che Freud, in quel momento, vive, si unisce in Haber “anche la tensione mentale». Perché Freud «riflette sempre, al caso non lascia nulla». L’emozione che arriva al pubblico è diretta, immediata. Forte.
«Il testo mi è piaciuto subito – spiega da parte sua l’altro protagonista, Alessio Boni -, pur chiedendomi se sarebbe piaciuto al pubblico. L’accoglienza, ammetto, è stata davvero positiva e ne sono felice: è segno che la gente ha bisogno di profondità, di qualità».
Il saltimbanco che prende, come scrive lo stesso Schmitt, il volto di un attore che sarebbe nato molti anni dopo Freud, e il filosofo che il misterioso visitatore non viene per convertire, ma che viene assalito dai dubbi, propongono uno spettacolo che, sebbene scritto vent’anni fa e ambientato alla fine degli Anni Trenta, si rivela di estrema attualità: un dialogo che porta al mistero. «Un dialogo – aggiunge Boni – tra un uomo vecchio, malato, stanco… un uomo in crisi e un visitatore che si può pensare sia Dio che si è incarnato in un personaggio misterioso che a sua volta potrebbe essere un altro uomo in crisi e la proiezione che quest’ultimo ha di Dio. Un dialogo tra due personaggi forti che si mettono in gioco, rivelando anche la propria fragilità». Senza giudizi. Ma insinuando il dubbio.
«L’arrivo inaspettato del visitatore che è un “doppio” per Freud – commenta a sua volta Haber – mette in dubbio nel filosofo la sua determinazione, la sua logica, come se sgretolasse le sue teorie». Teorie, posizioni che verso la fine dello spettacolo vengono ribadite, mettendo in luce il pensiero di Freud ma anche la posizione di solitudine del visitatore davanti all’uomo, parlando di uomo nella sua generalità, che si vuole sostituire a Dio. E che per questo andrà incontro al secolo più buio che si possa conoscere.
«Si va al di là del credere o non credere – spiega ancora Boni -, parlando del senso della vita».
E davanti a queste cose che succedono «l’uomo – aggiunge Haber – si diventa quasi bambino».
Intensa, applauditissima l’interpretazione. Un teatro che è grande teatro, che porta a domandarsi. Forse anche per questo piace. «La gente ha voglia di riflettere, anche sull’attualità», aggiunge Haber.
L’interpretazione che “Il Visitatore” porta in scena è sicuramente un aiuto in questo senso a un testo già di per sé profondo e toccante.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Novembre 2013
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