L’architetto: “Salviamo il Conventino, non c’è più tempo”

Giovanni Ferrario, appassionato di architettura locale, lancia il suo appello per le condizioni in cui versa l'edificio del seicento. I crolli stanno compromettendo l'intervento di recupero che da anni viene annunciato dall'amministrazione e mai eseguito

Salviamo il Conventino: non c’è più tempo! E’ l’urlo di dolore dell’architetto bustocco Giovanni Ferrario che lancia la sua nuova battaglia per salvare gli edifici storici di Busto Arsizio. Dopo gli edifici dell’architetto Gambini ora è il momento di questa struttura che risale al 1600 e che rischia ormai di crollare definitivamente. Dell’argomento si è parlato anche in una recente commissione nella quale l’assessore ai lavori pubblici Paola Reguzzoni ha annunciato il recupero: «la casa non sarà demolita ma sarà ristrutturata prevedendo spazi pubblici affiancati ad aree private». Il conventino si trova, tra l’altro, in una delle ultime vie di Busto Arsizio rimaste come un tempo (via Matteotti, ndr) ma i proprietari dei vecchi edifici, invece di conservarli, li stanno lasciando cadere a pezzi, fino al crollo inesorabile e alla demolizione per fare spazio a palazzi moderni e, certamente, più remunerativi. Si spera che lo stesso discorso non lo faccia l’almministrazione che è proprietaria del conventino. Di seguito l’analisi dell’architetto.

Sono passati ormai diversi anni da quando si è ventilata l’ipotesi di recupero del cosiddetto “Conventino” di via Matteotti a Busto Arsizio. Era il 2009 ma fino ad oggi (e siamo nel 2014!!!) niente si è ancora mosso, con l’eccezione di una parziale e non più sufficiente messa in sicurezza di parte della facciata. Anche l’esito del concorso pubblico del 2011 non ha ancora dato frutti.

Cos’è il “Conventino” – Uno dei gioielli architettonici della città, uno degli edifici più antichi e rappresentativi dell’architettura storica civile di Busto Arsizio che si è mantenuto intatto dal XVII secolo, si trova in condizioni sempre più precarie ed è lasciato alla completa autodistruzione. L’edificio (in realtà non un edificio di natura religiosa, come farebbe supporre il nome con cui è generalmente conosciuto, ma abitazione civile signorile delle famiglie Canavesi – Bossi), ha un’origine addirittura cinquecentesca riscontrabile nelle cantine voltate, (analoghe a quelle di Palazzo Cicogna) ed in elementi costruttivi caratteristici (la ghiacciaia, colonne, …).
Di una fase successiva (settecentesca) che oggi caratterizza complessivamente l’edificio, sono l’elegante corte colonnata, i soffitti a cassettoni, gli oculi della facciata ed il portale d’ingresso.   

Come intervenire – L’Amministrazione Comunale, proprietaria esclusiva dell’immobile, dovrebbe avere il dovere di salvaguardare un bene comune patrimonio della città e farsi promotore al più presto del restauro e del recupero funzionale dell’edificio.
A tal proposito, vista l’attuale congiuntura economica, sarebbe auspicabile anche l’intervento di privati che concorrerebbero così alla salvaguardia di un bene architettonico importante; non solo semplici “benefattori” ma anche operatori economici che potrebbero convenzionare l’utilizzo degli spazi recuperati con il Comune stesso.  Ma si badi bene: solo un intervento di restauro – che conservi dunque l’originalità del manufatto, dei materiali e degli spazi (peraltro già richiesto da parte di insigni professionisti, studiosi, architetti che mi farebbe piacere potessero intervenire nel dibattito che spero questo testo farà sviluppare, oltre alla raccolta firme di migliaia di cittadini) ed una attenta rifunzionalizzazione compatibile con il manufatto permetterebbe di salvaguardare e conservare un pezzo della nostra storia.
Troppo spesso infatti, in contrasto con qualsiasi ipotesi di serio recupero dell’edificato storico, si continuano ad attuare interventi di completa ricostruzione che cancellano integralmente edifici di valore storico/ambientale, creando solo delle copie senza più alcun significato (caso emblematico: le medievali case di via Solferino, ignobilmente demolite e in fase di ricostruzione oggi, nel 2014 in cemento armato ad imitazione delle originali).
Altre figure, più recentemente, si sono invece espresse per la demolizione del “Conventino”: presa di posizione grave a maggior ragione in quanto viene da parte di esponenti della stessa Amministrazione comunale che dovrebbero salvarlo: cancellare il “Conventino” (oltretutto immobile vincolato) vorrebbe dire privare le generazioni future di parte del patrimonio culturale, storico ed architettonico di tutti noi.

Il progressivo stato di degrado – La sola messa in sicurezza (parziale) effettuata da parte del Comune oggi non è più sufficiente: i parziali crolli della copertura stanno provocando infiltrazioni delle acque meteoriche negli ambienti interni, con conseguente infradiciamento delle murature e dei solai in legno, compromettendoli e procurando un continuo peggioramento dello stato di degrado del complesso. Un altro anno, e dunque un altro inverno, altre piogge, altre inclemenze del tempo, senza un intervento urgente e non più differibile potrebbero provocare danni irreparabili al “Conventino”!

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Pubblicato il 19 Marzo 2014
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