Emozione, entusiasmo e voglia di vincere: Pozzecco è tornato in città

Prime parole da coach della Cimberio per la "Mosca atomica". "Con i Roosters abbiamo fatto qualcosa di epico: voglio rivivere e regalare le stesse emozioni"

Le lancette sembrano tornate indietro, decidete voi se di venti, quindici o dodici anni, su per giù le date in cui Gianmarco Pozzecco arrivò, vinse e lasciò Varese nel suo primo e devastante passaggio in città. Certo, oggi la “mosca atomica” non indossa la felpa arancione sdrucita del suo primo atterraggio a Masnago, non è qui per sganciare i suoi entusiasmanti assist, ma ha lo stesso spirito e lo stesso obiettivo di allora. Portare al successo una squadra e una società sì importanti, ma certamente meno ricche delle principali favorite. Lo dice chiaramente, seppur con un linguaggio colorito come ci si aspetta: «Se per vincere lo scudetto con i Roosters ho venduto l’anima al diavolo, oggi gli vendo anche il didietro (ci siamo intesi) per raggiungere lo stesso obiettivo».

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Certo, parlare di scudetto senza avere definito il budget, senza ancora la certezza di confermare lo sponsor, e quasi senza alcun giocatore in organico appare una sfida campata per aria. Però è chiaro che uno come il Poz può anche permettersi di parlare di sogni, sapendo di avere un grande credito e di poter influenzare con la sua presenza tutti i mondi che circondano la Pallacanestro Varese: i tifosi per il loro entusiasmo, gli imprenditori per le loro finanze, i futuri giocatori per le loro qualità tecniche. E al di là delle sparate, dei prevedibili occhi lucidi (a un certo punto scattano gli occhiali da sole), della gola secca (prosciugata la bottiglietta d’acqua al suo fianco), dei ringraziamenti di circostanza, la prima e lunghissima conferenza stampa di Pozzecco da allenatore di Varese è stata comunque ricca di spunti interessanti sia dal punto di vista umano sia da quello tecnico. 

I ROOSTERS – «Quando arrivai qui la prima volta c’erano poche aspettative nei miei confronti, ma tutto ciò che abbiamo vissuto è andato oltre le normali vicende sportive. E’ stato qualcosa di epico, di clamorosamente meraviglioso perchè i ragazzi di allora sentivano raccontare le imprese della Ignis ma non avevano mai vissuto nulla di simile. Oggi l’obiettivo è lo stesso: rivivere quelle emozioni e far sentire ai più giovani quell’entusiasmo di allora. E anche io vorrei riprovare quei sentimenti: sono qui da poche ore ma ho già incontrato personaggi che conosco da tanto e che mi hanno dato la misura di quello che vivrò a Varese in questi primi mesi. Poi, tra le interviste lette, quella che più mi ha toccato in questi giorni è stata quella al Menego: sentirmi accolto da un amico come lui è importantissimo per me».

(Foto di S. Raso)


IL RUOLO – Ma che Pozzecco sarà in panchina e in ufficio? «Quando io giocavo non parlavo mai di lavoro, lo sapete, ma ora è diverso. Oggi un allenatore deve collaborare strettamente e continuamente con la società, e io lo farò con Simone Giofré e Cecco Vescovi. Sceglieremo insieme i componenti della squadra e condivideremo tutto questo perché non voglio che accada mai che qualcuno dica “Io quel giocatore non volevo”. Per me i giocatori devono essere come dei figli: se non li prendiamo con questa modalità, diventa tutto più difficile». Per anni bandiera della nazionale, il Poz esprime poi interesse verso gli italiani e suggerisce quanto fatto a Capo d’Orlando: «Laggiù abbiamo puntato forte su Laquintana, gli abbiamo dato spazio ed è cresciuto molto. Io penso che a Varese potremo comunque ripetere un’operazione di questo tipo».
E quando gli chiedono come conciliare il basket moderno con la necessità “pozzecchiana” di creare gruppi molto forti, entusiasti e anche goliardici, Gianmarco dà forse la risposta più bella della mattinata: «Anzitutto io faccio l’allenatore per fare vivere ai giocatori determinate emozioni: è il mio modo di intendere la pallacanestro e non potrei fare altro. E poi a me dà fastidio che la goliardia non possa essere associata alla professionalità: Andrea Meneghin è l’esempio vivente di questo. Inoltre credo che per i ragazzi, voler vivere un’esperienza divertente dia vantaggi enormi, non fosse altro perché in molte altre squadre non funziona così. Se riusciamo a creare uno spogliatoio simile, il risultato può essere defrlagrante!».

LA SQUADRA – A oggi la Cimberio ha in mano solo due contratti, quelli di De Nicolao e Polonara con il primo che deve sciogliere l’eventuale opzione di uscita in questi giorni. Pozzecco ammette di non avere ancora parlato con i due azzurri, ma mette paletti importanti anche per loro: «Non ho preclusione verso nessuno, e la mia risposta non è precisa perché ancora non li ho incontrati, però ricordiamoci che Varese non ha un budget illimitato e quindi dovremo fare scelte oculate. Oggi siamo a un punto zero e a me piacerebbe avere una possibilità totale di ricostruzione del roster seguendo anzitutto una filosofia condivisa. A Capo d’Orlando, lo scorso anno, abbiamo scelto la via della conoscenza del basket, ingaggiando giocatori di quel tipo. Dovremo avere una identità forte: se Polonara e De Nicolao avranno voglia di fare parte di questo discorso sarò felice di allenarli». Poche ore dopo però è arrivata la notizia che il play veneto ha scelto di lasciare la Cimberio (LEGGI QUI)
Il nuovo coach poi spiega le peculiarità del suo mestiere: «Io penso che sia giusto andare dietro ai giocatori a disposizione. Noi costruiremo una squadra che avrà un modo congeniale di giocare a pallacanestro: io poi dovrò seguire ed esaltare la tipologia più adatta al gruppo. In difesa è differente: esigo grande attenzione all’organizzazione… e del resto – ride -sono un esperto perché per 20 anni ho guardato difendere gli altri!».

(Da destra: il ds Giofré, Pozzecco, il tm Ferraiuolo e Vescovi)


I MAESTRI
– Altro spunto interessante arriva dai nomi di allenatori che hanno ispirato il “Poz da panchina”. Uno è varesino doc, Dodo Rusconi, due sono biancorossi acquisiti come Meo Sacchetti e Charlie Recalcati: «Dodo è un coach che ha la rara capacità di insegnarti la pallacanestro e di migliorare il tuo gioco. Non sono certo uguale a lui, ma attingo molto dai suoi insegnamenti e questo vale anche per Jasmin Repesa. Però credo di avvicinarmi di più a Sacchetti e Recalcati pur senza emularli. Quando ho iniziato ad allenare, la prima telefonata l’ho fatta a Meo: gli chiesi se potevo avere un rapporto confidenziale con i giocatori. Lui mi consigliò di vivere la situazione nel modo in cui mi sentivo di affrontarla. E così, se qualche ragazzo ha dubbi sul mio modo di dare confidenza, io vado ancora oltre e lo invito a cena a casa mia».

MILLE GRAZIE – All’inizio e alla fine della “maratona” in sala stampa, il Poz non manca di ringraziare la solita moltitudine di persone. Comincia con Enzo e Peppe Sindoni di Capo d’Orlando, prosegue con la fidanzata che lo seguirà a Varese e con Toto Bulgheroni con cui il rapporto non si è mai interrotto. E poi ovviamente Vescovi e il resto della società, Andrea Meneghin (cita anche, prima o poi, tanti Roosters tricolori), ricorda chi non c’è più e infine dedica un pensiero a Gianfranco e Davide Castiglioni arrestati ieri. «La giustizia farà il suo corso, ma loro per me hanno rappresentato molto. Sono sicuro che spiegheranno le cose e che usciranno dal problema di questi giorni».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Giugno 2014
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