Kayak e alpinismo: così Della Bordella sfida il “Dente dello Squalo”

L’alpinista di Malnate è pronto ad affrontare una nuova impresa: raggiungere a forza di pagaiate e scalare una parete rocciosa di oltre 1.500 metri in Groenlandia insieme a due svizzeri

Ricordate Matteo Della Bordella? Il forte alpinista di Malnate che scala con i "Ragni di Lecco" (a febbraio 2013 conquistò la Torre Egger salendo una via ancora inviolata ndr) a partire dal prossimo 3 agosto affronterà lo “Shark’s tooth”, il "Dente dello squalo", una parete rocciosa praticamente verticale che si innalza per 1.550 metri sulla costa nord-est della Groenlandia.
Se ciò non bastasse, la spedizione avverrà by fair means, con "mezzi giusti": ciò vuol dire che a partire dall’ultimo punto civilizzato (e ce ne sono ben pochi in un’isola che si estende per 2 milioni di km² con una popolazione di appena 60.000 abitanti), gli avventurieri dovranno recarsi ai piedi della parete da scalare senza utilizzare alcun mezzo motorizzato, solo con le proprie forze. Ad accompagnare Matteo in questa spedizione unica nel suo genere saranno due svizzeri: Silvan Schüpbach (già con Della Bordella in Pakistan e Patagonia) e Christian Lederberger.

(Della Bordella e Rodari con uno dei kayak che saranno utilizzati nel corso della spedizione)

I tre hanno scelto come mezzo per l’avvicinamento il kayak, che Della Bordella ha cominciato a utilizzare appositamente per questa spedizione a partire dal mese di aprile, anche grazie all’aiuto dell’olimpionico Antonio Rossi. «Il kayak è stato inventato proprio dalla popolazione autoctona della Groenlandia, gli Inuit» – spiega Emanuele Rodari, presidente dell’associazione e scuola di canoa “Sull’acqua” di Lavena Ponte Tresa, che sta aiutando l’alpinista nella preparazione – «la parola “kayak” vuol dire “uomo barca”, perché le canoe venivano costruite su misura di chi le doveva utilizzare, usando pelli e ossa di foca. Sempre idea degli Inuit è la manovra "eskimo" per riprendersi in caso di ribaltamento, visto che l’acqua in quei luoghi è troppo fredda per poter uscire dalla muta in pelle di foca, sempre di loro invenzione, che li teneva al sicuro dal freddo». Infatti Matteo e i suoi compagni dovranno affrontare acque che non supereranno i 2°C di temperatura, e hanno scelto di partire in agosto nonostante non sia la condizione migliore per scalare, soprattutto per non trovare iceberg sulla superficie del mare, ancora presenti nel mese di luglio.

(Il "Dente dello squalo". In rosso l’itinerario che verrà seguito dai tre alpinisti)

La spedizione sarà suddivisa in tre tappe: a partire dall’ultima zona abitata (il villaggio di Ittoqqortomiq), dove verrà caricato tutto il necessario per affrontare il viaggio di 30-40 giorni in completa autonomia, i tre esploratori pagaieranno per circa una settimana nel fiordo di 200 km. Poi proseguiranno a piedi per 3-4 giorni per coprire un totale di 30 km e raggiungere la parete del "Dente di squalo". Una volta arrivati in quel punto, serviranno circa due settimane per scalarla. Per l’occasione, gli alpinisti si sono muniti di “portledge”, una vera e propria tenda sospesa: «Ci sono solo due posti e noi siamo in tre, quindi a rotazione uno di noi dovrà dormire su di un’amaca, anch’essa sospesa» aggiunge Matteo, provocando anche una risata quando viene discusso il modo in cui si deciderà a chi toccherà l’incombenza. «Magari con una partita a carte», propone Emanuele.

(La planimetria del percorso, da Ittototormiq al "Dente dello squalo")

Molte saranno le sfide che i tre alpinisti dovranno affrontare in quel periodo, a cominciare dall’ utilizzo di acqua e viveri. «Saremo al limite di navigazione, visto tutto ciò di cui abbiamo bisogno e la scarsa capienza dei kayak». Per quanto riguarda il cibo, le provviste saranno contate, calcolando circa 4200 kcal al giorno, mentre l’acqua sarà un’incognita: essendo quasi impossibile caricarla nell’ultimo villaggio a causa dei problemi di peso, gli alpinisti si dovranno arrangiare, sciogliendo neve e ghiaccio. E anche questo non è sempre facile dopo l’inizio della scalata vista la ripidità della parete rocciosa.
L’unico contatto con l’esterno dei tre esploratori sarà un telefono satellitare con la possibilità di accedere a internet in modo da aggiornare il blog sulla spedizione ogni 5 giorni circa. «La Groenlandia è il luogo più adatto per essere completamente soli in mezzo alla natura – conclude Della Bordella – Ci sono montagne anche più impegnative, ma non con dintorni così selvaggi e completamente liberi da ogni civiltà che renderanno ancora più speciale la spedizione senza alcun mezzo motorizzato».

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Pubblicato il 21 Luglio 2014
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