Dall’ospedale al territorio: prove di assistenza in rete

Per risolvere i problemi del pronto soccorso si sta sperimentando la "Degenza breve internistica", un reparto con tempi di ricovero limitati e cure che proseguono sul territorio

Se lo si pensa come la risposta ai mali del pronto soccorso, allora si è fuori strada. Si tratta piuttosto di un potenziamento dell’attività dell’area internistica dell’ospedale, chiamata a rispondere ad una sempre crescente richiesta di assistenza. Il reparto di Degenza Breve Internistica diretto dal prof. Walter Ageno si ispira alle Short Medical Stay Units presenti nel sistema anglosassone, dove sono sperimentate con successo da anni: « Chi occupa i nostri 14 letti – spiega il responsabile – deve avere alcune caratteristiche specifiche. Si tratta di pazienti con patologie acute ed una sufficiente stabilità clinica, che richiedono accertamenti diagnostici mirati e l’impostazione della terapia, ma che possono nel giro di pochi giorni essere dimessi con un percorso ben definito proseguendo il trattamento a casa propria, sotto il controllo del medico curante e con appuntamenti già fissati per i controlli».

In quasi cinque mesi di attività, in reparto sono passate oltre 500 persone con una media di permanenza di 3,5 giorni: « Un inizio che giudico buono visti gli obiettivi che ci eravamo dati – spiega il prof. Ageno – Abbiamo creato un’organizzazione che ci permette di avere canali veloci per la diagnostica e rapporti diretti con le strutture intermedie del territorio, come la Fondazione Molina o la Fondazione Borghi a Brebbia, dove possono proseguire il trattamento quei pazienti che è prematuro rinviare a domicilio». Il reparto ha contatti continui con l’azienda sanitaria, per attivare l’assistenza domiciliare, e con i servizi sociali dei diversi comuni per poter effettuare “dimissioni custodite”.

L’età media dei ricoverati è attualmente di 72 anni, un indicatore abbastanza chiaro del bisogno che il territorio ha di strutture intermedie, che possano ospitare quanti non possono essere dimessi semplicemente ma hanno bisogno di cure meno specialistiche rispetto a quelle assicurate dagli ospedali. 

Una nuova organizzazione territoriale a rete sarà una delle risposte alle difficoltà di recessività del PS del Circolo. In attesa della costruzione della rete, l’ospedale sperimenta nuovi modelli di accoglienza per evitare stazionamenti nella barrelaia giudicati “una vergogna per la Lombardia” dall’assessore Mantovani. « Ogni giorno – spiega il prof. Ageno – possiamo mettere a disposizione dei colleghi del Pronto Soccorso almeno 3 o 4 letti, compresi i week end. In questo reparto arrivano quanti pensiamo possano uscire in tempi rapidi, dopo aver effettuato qualche esame urgente. Di solito, accogliamo persone con patologie infettive acute non complicate ad esempio respiratorie o del tratto gastro-enterico o patologie vascolari come l’ictus lieve, lo scompenso cardiaco o l’embolia polmonare. Altre patologie comuni sono le crisi epilettiche o le sincopi. Si tratta di patologie di area internistica a volte gestite con la collaborazione dei colleghi specialisti che poi prendono in carico il paziente dopo la dimissione».

Il prof. Ageno, però, sa che il suo reparto non è la risposta ai mali del PS ma un aiuto per alleviare la richiesta di letti in ospedale, soprattutto nei reparti internistici che sono sempre più sovraffollati. In effetti, nel corso dei mesi estivi, l’attività del pronto soccorso è sempre stata notevole, con picchi di ricoveri e attese problematiche. Attualmente, il nuovo reparto di degenza breve internistica si affianca a quella dello stesso reparto del PS dove vengono ricoverate persone in attesa di andare nel reparto di destinazione. Si tratta, però, di una parte di lavoro del personale del PS destinata a concludersi nei mesi a venire. A quel punto, e senza i letti del reparto di PS, cosa accadrà alla barellaia?

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Settembre 2014
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