Jobs act, i punti principali

In dirittura d'arrivo il contratto a tutele crescenti, il demansionamento e l'applicazione del Jobs act ai licenziamenti collettivi. Gli elementi della riforma del mercato del lavoro

Renzi Poletti

Nella giornata della votazione dei decreti attuativi alla riforma del lavoro, il famigerato Jobs act, fonti vicine al governo citate dai principali media nazionali, confermano che non ci saranno stravolgimenti all’impianto della legge delega. Ecco i principali punti su cui è chiamato ad esperimersi il Consiglio dei Ministri di oggi, venerdì 20 febbraio.

Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Dal primo marzo prossimo le imprese potranno assumere i nuovi dipendenti con il nuovo contratto a tutele crescenti (Leggi la bozza di Dlgs). L’obbiettivo è quello di sfoltire la selva delle tipologie contrattuali (la Cgil ne conta 46) ridimensionando, senza abolire, i contratti a progetto e di collaborazione occasionale. Da quella data, chi lavora con quella formula contrattuale verrà inserito in una “gestione transitoria” e dal 1 gennaio 2016 verrà inquadrato nella nuova tipologia contrattuale. Si chiama contratto a tutele crescenti perché prevede un sistema di tutele in caso di licenziamento che prevede un indennizzo economico crescente in base all’anzianità di servizio (con il limite massimo di 24 mensilità per chi abbia lavorato almeno 12 anni). Rimangono invariate le vere collaborazioni autonome e le vere partite Iva, mentre verrà riformato l’apprendistato per cui verrà unificato il primo e terzo livello (scolastico e di alta formazione) sul modello del sistema duale tedesco. Rimane invariato il tetto di 5 proroghe (36 mesi) per i contratti a termine, deciso dal cosiddetto decreto Poletti.

Licenziamenti. Per i neoassunti con il contratto a tutele crescenti, in caso di licenziamento il reintegro rimarrà solo per i licenziamenti discriminatori o disciplinari, cioè quando il fatto contestato dal datore di lavoro non sussiste. Modifiche sono presenti anche per i licenziamenti collettivi (disciplinati dalla legge 223 del 1991) e riguardano le imprese con più di 15 dipendenti intenzionate a licenziare almeno cinque dipendenti in un periodo di tempo compreso in 120 giorni e nell’ambito della stessa provincia. Quest’ultimo punto potrebbe, come chiesto da M5S e Sel subire delle modifiche. I due partiti e parte del Pd, propongono il mentenimento del reintegro nel caso in cui vengano violati i criteri di scelta del lavoratore da licenziare.


Mansioni.
In sostanza si modifica l’art.13 dello statuto dei lavoratori e si va ferso una maggiore flessibilità all’interno delle aziende. Queste potranno variare le mansioni in via unilaterale, senza dunque nessun tipo di concertazione interna, di un lavoratore nei casi di “modifica degli assetti organizzativi”. Se verrà approvato questo impianto l’attribuzione unilaterale a nuove mansioni non potrà scendere sotto un “livello di inquadramento” e non potrà comportare “modifiche alla retribuzione”. Nei casi in cui siano stati sottoscritti patti sindacali certificati, datori e lavoratori si potranno sempre accordare in sede aziendale per garantire a) il mantenimento dell’occupazione b) acquisire nuove professionalità c) conciliare al meglio vita e lavoro (ad esempio in caso di malattia).

Nuova Aspi. La nuova assicurazione sociale per l’impiego potrà essere richiesta dal 1 maggio 2015 in caso di disoccupazione involontaria e  avrà la durata massima di 24 mesi. I requisiti che i lavoratori dipendenti devono possedere congiuntamente sono a) trovarsi in stato di disoccupazione
b) avere almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni precedenti l’inizio della disoccupazione c) avere almeno 18 giorni di lavoro negli ultimi 12 mesi precedenti lo stato di disoccupazione. La Naspi è estesa anche a quei lavoratori che abbiano rassegnato le dimissioni per giusta causa. In linea generale l’importo della prestazione Naspi sarà del 75 per cento rispetto alla retribuzione mensile percepita dal lavoratore.

Cassa integrazione. Sono previsti nuovi limiti, sia per la cassa integrazione ordinaria (due anni) sia per quella straordinaria (quattro anni). Non si potrà più autorizzare la Cig in caso di cessazione definitiva di attività aziendale. L’obiettivo del governo mira ad assicurare un sistema di ammortizzatori sociali legati alla storia contributiva del lavoratore.

Tutela della maternità.  Sarà estesa anche alle lavoratrici prive di contratto a tempo indeterminato, sarà fatto attraverso contratti di solidarietà “attivi” che dovrebbero permettere a tutti di conciliare meglio i tempi di lavoro e di vita.

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Pubblicato il 20 Febbraio 2015
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