Ospedale di Varese: un disastro gestionale
La cruda analisi di Pier Fausto Vedani sul declino di un presidio ospedaliero ormai ridotto all'osso e che non riesce a rispondere alle esigenze della popolazione: "Varesini bun sì, ma minga cujun"
Ci vorrà tempo per conoscere il nome del responsabile della Grande Bugia o della Verità Taciuta – il prodotto finale non cambia – che dall’inizio degli Anni 2000 avvelena la vicenda del nostro ospedale. C’è stata una scelta programmatica sulla pelle dei cittadini: infatti nel tempo ha tolto loro l’antica certezza di un’assistenza ospedaliera all’altezza di una grande tradizione, di un positivo vissuto personale o familiare.
Una scelta diventata probabilmente una assoluta necessità finanziaria per le casse regionali e che quindi ha coinvolto in una congiura del silenzio più personaggi della politica, a livello anche locale, tutti in fuga davanti alla realtà di un ospedale che, in violazione addirittura dei parametri nazionali sulla disponibilità di posti letto di ogni territorio, continua a essere largamente sottodimensionato rispetto alle esigenze degli abitanti del nostro territorio.
Che cosa dice la norma nazionale in materia di posti letto di un territorio? Che per ogni mille abitanti occorrono 3,7 posti letto mentre a Varese il tasso è di 2,5. La corretta e facile lettura dei dati permette di scoprire in tutta la loro gravità i risultati di una incredibile gestione dei posti letto spettanti a Varese, al “Circolo”, di inchiodare alle loro responsabilità i gestori della sanità dai quali si attende una spiegazione del loro comportamento, che è stato a dir poco assurdo se si pensa che danneggia vistosamente pure un fedele serbatoio di voti per il Centrodestra.
Da anni abbiamo un Pronto Soccorso spesso affollato per i malanni stagionali, abbiamo pure reparti ridotti all’osso in estate e sino al tardo autunno per rispettare il diritto alle ferie di un personale oberato di lavoro tutto l’anno; infine non dimentichiamo l’invecchiamento della popolazione e la miniaturizzazione dei reparti del “Circolo”.
E’ una crisi assistenziale che ha scadenze precise e tutte le soluzioni- tampone escogitate dall’assessorato regionale alla sanità falliscono regolarmente. E nessuno dà spiegazioni convincenti, mentre nemmeno i sindaci del territorio promuovono un’azione tesa a difendere i diritti dei loro amministrati.
Al momento non interessa individuare i responsabili del disastro gestionale del “Circolo”, causato dalla sparizione degli oltre cento letti in più che per legge spettavano al nostro ospedale. Oggi è urgentissimo il recupero di quei posti e di una legalità ancora incompleta. Varese ha il diritto di chiederlo agli esponenti politici più autorevoli che la rappresentano in Regione: il governatore Maroni e il presidente del Consiglio regionale, Cattaneo.
Nonostante i tradimenti dei loro collaboratori politici essi possono ridare alla nostra comunità la speranza di riavere un ospedale efficiente, rispettoso della tradizione di accoglienza raccontata anche dagli storici della nostra sanità, tradizione onorata in modo particolare a partire dal 1910, quando nacque il vecchio “Circolo”.
L’ospedale e il Pronto Soccorso come primi, unici riferimenti sicuri, tranquillizzanti, sono dunque nella cultura della nostra gente. Cultura poco più che secolare, non rispettata e forse irrisa, dalla politica odierna.
Ma proprio lo stesso vecchio Circolo offre la possibilità di un recupero immediato di una situazione insopportabile e senza precedenti nel tempo, oggi per di più calpestata deliberatamente quando ancora si cerca di dimostrare che il Pronto Soccorso funziona(!!!!) .
L’impero della sanità sta a Milano, a Palazzo Lombardia, non possiamo chiedere a Villa Tamagno di interrompere la catena delle favole , di dare verità e certezze alla popolazione, però possiamo ricordare ai maghi Silvan meneghini altre conseguenze poco cristiane del loro agire come ansie, preoccupazioni, disagi, lunghe attese per pazienti e familiari quando si accampano in Pronto Soccorso per avere un letto libero nei microreparti.
Oggi il blocco centrale del vecchio “Circolo” e la ex clinica, Santa Maria continuano ad avere una vocazione ospedaliera, confermata dal loro parziale utilizzo. Essendo strutture bene collegate, al nuovo monoblocco sono subito in grado di garantire l’apertura di almeno cento posti in tempi relativamente brevi e senza spese insopportabili.
Si risolverebbero in gran parte i problemi che nascono dal nodo centrale, mai affrontato concretamente, delle cure degli ammalati che hanno superato la fase acuta e che non possono essere dimessi. E si alleggerirebbe pure la situazione degli anziani ricoverati.
È segno di civiltà che a Varese ci si batta contro un parcheggio sotterraneo, come hanno fatto i Ragazzi del ’14, è altrettanto giusto e lodevole che Roberto Maroni diventi determinante per la soluzione del problema di piazza Repubblica, sarebbe però una enorme vittoria sociale, della democrazia e soprattutto del buon senso, ridare al nostro ospedale dignità e ruolo che gli spettano di diritto.
Un diritto che in questi ultimi anni gli è stato negato certamente non da una delle consuete bande di ladroni che si infilano nella politica italiana, ma da qualche “atleta del risparmio” che ha trovato nella comunità varesina un oceano di pazienza e sopportazione legato al buon ricordo e alla fiducia, le splendide eredità di chi aveva sempre gestito bene la sanità. E lo aveva fatto con infinito spirito di servizio.
La Regione rischia di perdere la faccia grazie alle invenzioni dei presunti assi delle riforme sanitarie, ma non perderà solo lo faccia, potrà patire una pesante sconfitta “militare” se un piccolo, ma tenace cantiere giuridico, chiamiamolo dei Ragazzi del 15, dovesse vincere un ricorso al TAR a tutela della comunità non servita come prescrive la legge. Il proposito è buono, anzi ottimo, lo guardo come se fosse solo un segnale. Un modo diverso di opporsi allo strapotere politico. Varesini bun sì, ma minga cujun.
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