Le vernici luminescenti che si “accendono” con l’ossigeno

Il prodotto messo a punto dall'Università Bicocca in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova

bicocca milano

Una vernice a base di speciali nano-particelle fluorescenti in grado di rilevare variazioni di pressione, diventando tanto più brillante quanto più alta è la pressione dell’aria che le scorre sopra. È il risultato di uno studio su nano-particelle a semiconduttore, condotto da un team di ricerca dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Lo studio, ‘Reversed Oxygen Sensing’ using Colloidal Quantum Wells: towards highly emissive photoresponsive varnishes (doi: 10.1038/ncomms7434), pubblicato sulla rivista Nature Communications, è stato realizzato da un team di ricerca del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca coordinato da Sergio Brovelli e da Francesco Meinardi, docenti rispettivamente in Fisica Sperimentale e Fisica della Materia, in collaborazione con il gruppo guidato da Iwan Moreels dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Le vernici luminescenti per sensori di gas o di pressione, anche note come pressure sensitive paints, sono costituite da particolari materiali, detti cromofori, dotati di una specifica sensibilità a sostanze chimiche gassose. Quando opportunamente illuminati, brillano con un’intensità che dipende dalla pressione del gas a cui sono soggetti.

Le vernici luminescenti sono utilizzate nello sviluppo delle lampade a basso consumo energetico, dove è necessario valutare i flussi interni di gas, oppure nel campo dell’ingegneria aerospaziale e automobilistica per effettuare test aerodinamici su modelli di velivoli o automobili, in modo da migliorarne le prestazioni ed ottimizzarne i consumi. In questo caso, i modelli vengono ricoperti di vernice, posizionati all’interno di una galleria del vento e esposti a flussi d’aria mentre sono al contempo illuminati da una lampada ultravioletta. La luce emessa dalla vernice è quindi rilevata da una fotocamera ed elaborata da appositi software che, ricostruendo l’immagine del modello, permettono di risalire alla pressione di gas in ogni punto della sua superficie.

Il funzionamento delle vernici sensibili alla pressione attualmente in uso si basa però sul fatto che quando interagiscono con gas ossidanti si attivano processi che ne spengono l’emissione luminosa. «Ci si trova quindi nella situazione paradossale per cui più gas significa meno luce: l’immagine della distribuzione della pressione su un modello in un test aerodinamico è di conseguenza in negativo», spiega Monica Lorenzon che lavora su questo progetto nel suo dottorato in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali. La realizzazione di una vernice sensibile alla pressione dal comportamento inverso, ovvero che aumenti la propria intensità luminosa in presenza di ossigeno, è stata finora impedita dalla mancanza cromofori adeguati. La ricerca svolta all’Università di Milano-Bicocca ha permesso di sviluppare nano-materiali costituiti da nanofogli di semiconduttore, in grado di generare un segnale luminoso più intenso in presenza di ossigeno, oltre che di rivelare efficientemente variazioni di pressione grazie alle loro ampie superfici sensibili.

«Questa tecnologia, di cui noi abbiamo fornito la prova di principio – spiega Sergio Brovelli – potrà essere sfruttata in tutti i contesti in cui sia necessario misurare con elevata risoluzione spaziale la pressione di gas su una superficie: dall’ingegneria meccanica alla difesa, fino allo sviluppo di dispositivi a basso consumo energetico.»

La ricerca è stata realizzata anche grazie ai contributi di Fondazione Cariplo, della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona e della Comunità Europea.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 16 Marzo 2015
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