Anna e Giuseppe: storia di una felicità infranta

Una gravidanza interrotta spegne il sogno dei due coniugi che si interrogano sulla capacità di un sistema sanitario e di un ospedale. Un dramma che ripropone i limiti di una medicina che si vorrebbe perfetta ma, nonostante gli sforzi, deve piegarsi davanti agli insuccessi

maternità

Anna e Giuseppe fissano il passato. Un momento in cui la loro vita sembrava essere stata baciata dall’arrivo della cicogna: « Era giugno, la notizia ci riempiva il cuore. Ci siamo subito rivolti all’ospedale Del Ponte, il centro di riferimento della nostra città».

Al CUP, però, ricevono una doccia fredda: la prima data libera per la visita è a metà settembre, alla diciassettesima settimana di gestazione : « Non può essere – commenta Anna – fino a metà gravidanza senza notizie e  consigli?» Così, lei e il marito decidono di rivolgersi a un ginecologo privatamente, a un centro dove molti medici del Del Ponte praticano la libera professione.

A metà agosto, si presentano al Del Ponte per fare l’ecografia della dodicesima settimana : « In quell’occasione ci parlano di un test genetico attuabile con un semplice prelievo di sangue. Ma noi non siamo preparati a rispondere, non ne abbiamo mai sentito parlare. Così, quando chiediamo l’appuntamento qualche giorno dopo, ci dicono che i tempi sono scaduti e che avremmo potuto decidere di eseguire l’amniocentesi come già programmato».

Inizia così, per Anna e Giuseppe, la tragedia: in pochi giorni, la speranza del futuro s’interrompe.

Nella sala dell’esame, lo specialista e la specializzanda praticano a Anna tre punture prima di ottenere il materiale sufficiente a effettuare l’esame: « Stavano facendo scuola su di me e io ho sentito tutto il dialogo tipico dell’insegnante con lo studente e ho capito che la dottoressa stava imparando».

Dopo quell’esperienza per Anna iniziano i dolori e le perdite finché, al quarto giorno successivo, si presenta al punto di primo intervento ginecologico al Del Ponte. Qui, nel giro di 4 ore, abortisce: « Da sola, seduta su una sedia, mio marito era via per lavoro, sto male e non mi danno retta. Solo quando non c’è  più nulla da fare, arrivano …». 

Con le lacrime agli occhi Anna racconta, tra mille emozioni e risentimenti. Oggi, non le basta sapere che al Del Ponte si effettuano quasi mille indagini prenatali e le percentuali di fallimento sono assolutamente nei parametri mondiali (0,4%). Non la consola nemmeno sapere che, nella clinica universitaria deputata a formare i ginecologi di domani, la percentuale di problemi che insorgono sono uguali sia che operino gli strutturati sia che intervengano gli specializzandi. 

Anna vorrebbe capire perché ha avuto la sensazione di essere stata affidata a mani inesperte: « Questa è anche una scuola dove tutto avviene secondo percorsi formativi precisi – spiega il dottor Roberto Puricelli, primario di ginecologia e responsabile degli ambulatori del Del Ponte – chi arriva a effettuare una qualsiasi manovra ha alle spalle ore di formazione e di assistenza. Noi medici strutturati siamo i primi responsabili per cui è nostro interesse ricorrere all’intervento dello specializzando solo quando siamo certi della sua capacità. Poi, nel corso dell’intervento, si fa scuola e, magari, qualche parola di richiamo può essere detta perché è fondamentale insegnare tempestivamente. Ma noi siamo prima di tutto medici e abbiamo obblighi precisi verso i nostri pazienti».

L’esito nefasto in seguito a un’amniocentesi è sempre motivo di dispiacere ma non è eccezionale: per questo chi si sottopone firma un consenso informato in cui si mettono ben in vista i rischi insiti : « Purtroppo – spiega il professor Fabio Ghezzi, primario della clinica ostetrica e ginecologica – non c’è alcuna evidenza scientifica che dimostri la causa scatenante di queste infezioni responsabili dell’aborto. Ci sono ipotesi, teorie ma non c’è certezza. Il doppio o triplo prelievo è una pratica possibile nell’amniocentesi e le statistiche dimostrano che non c’è correlazione tra la pluralità di prelievi e l’insorgere dell’infezione». 

L’esperienza di Anna è umanamente difficile da superare anche per l’esito finale, sul lettino in un corridoio del pronto soccorso ginecologico: lei non riusciva a capire, non poteva accettare che il destino della sua creatura fosse segnato e quanto veniva fatto dal personale era tutto ciò che a livello medico si dovesse fare. Ricorda solo la solitudine di quei momenti. Il punto di primo intervento vede coinvolti sempre due ostetriche, due medici di guardia ( che si dividono sul reparto) oltre a due ginecologi in pronta disponibilità e due anestesisti, di cui uno reperibile.

Una squadra che fa del Del Ponte un centro di terzo livello, il massimo secondo gli standard regionali: ci sono momenti di grande pressione con un carico di lavoro che dipende moltissimo dal numero delle gravide ma che il personale riesce a tenere sotto controllo. Ogni giorno si presenta una media di 20 donne che minacciano di abortire e può avvenire che il sistema di assistenza vada sotto pressione. Così come può capitare di non poter ottenere nei tempi richiesti la prima visita oppure gli esami specialisti da fare durante i 9 mesi. In questi casi, ci si può rivolgere ad altri ospedali o ai consultori dell’ASL: progettare un servizio efficiente ed efficace non è possibile perché il carico di lavoro cambia di giorno in giorno. Al Del Ponte, è bene non dimenticare, si fanno oltre mille prime visite, una performance eccezionale a livello ospedaliero italiano e nascono oltre 3000 bimbi all’anno. Se si richiedesse oggi la prima visita al Del Ponte la si otterrebbe per fine novembre mentre a Luino o Cittiglio si andrebbe all’inizio dello stesso mese.  

I medici fanno enormi sforzi per assicurare assistenza: la domanda è in costante crescita ( oltre mille gravidanze seguite dalla prima visita sino alla nascita)  a fronte di un personale sempre più ridotto ( in poco tempo si sono persi 5 dottori non più sostituiti) : « Questo è  un centro che offre qualità e alta professionalità – commenta il professor Ghezzi – siamo stati recentemente insigniti dell’accreditamento di Eccellenza in Chirurgia Ginecologica Mini-Invasiva, un riconoscimento prestigioso che, in Italia, abbiamo ricevuto solo noi».

Una grande mole e complessità di lavoro. Anna e Giuseppe, però, non se ne accorgono : la loro storia racconta solo tristezza.

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

Sono una redattrice anziana, protagonista della grande crescita di questa testata. La nostra forza sono i lettori a cui chiediamo un patto di alleanza per continuare a crescere insieme.

Pubblicato il 30 Settembre 2015
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