Oltre le eccellenze: va in mostra l’unicità del territorio

Un cibo influenza il tessuto e aumenta l’autorevolezza di un luogo, influenza la sensibilità e la sostenibilità ambientale della sua economia: muovendo nella giusta direzione

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Può un cibo influenzare il tessuto di un territorio, aumentare l’autorevolezza di un luogo, influenzare la sensibilità e la sostenibilità ambientale della sua economia? Può, ma non è una panacea: anche perchè per mettere in relazione una “eccellenza” e il suo territorio ci vuole innanzitutto qualcosa da comunicare, e poi qualcuno che lo sappia fare. Non basta perciò avere un prodotto speciale per creare un “marchio territoriale”, e non basta avere un territorio speciale per veicolare le proprie eccellenze enogastronomiche.

E’ quello che è emerso nell’incontro con Emanuela Marchiafava, assessore della provincia di Pavia, Antonella Mariotti, giornalista, Massimiliano Serati, docente Liuc e direttore del CeRTS , e coordinato dalla giornalista di Varesenews Maria Carla Cebrelli.

Un dialogo tra stampa, istituzioni e ricerca su di un argomento che investe le economie del territorio nei due settori più promettenti, quelli su cui l’Italia può concretamente puntare: cibo e turismo.

«Ma non parliamo di eccellenze però: meglio parlare di unicità – sottolinea Massimiliano Serati – anche se
8000 comuni con 8000 unicità un po’ mi lasciano perplesso, sul piano della comunicazione. Comunicare una marea di cose è come non comunicarne nessuna». “Eccellenze” è una parola da eliminare per tutti: «L’eccellenza è un concetto logoro e abusato: spesso non si tratta di eccellenze, ma solo di unicità – spiega l’assessore di Pavia Emanuela Marchiafava – si tratta di prodotti unici, che ci sono solo in quel territorio».

Un eclatante esempio pratico arriva dalla giornalista Antonella Mariotti: «Siete mai stati ad Alba? Quello è il regno internazionale del tartufo, coltivato, anche nel senso del marketing, con attenzione a quel prodotto altissimo. Risultato: sette ristoranti stellati nel circondario, una fiera straordinaria – senza cineserie, ma solo con proposte di alta qualità –   una sensibilità ambientale sempre piùricercata dagli imprenditori. E un mondo intero che conosce il tartufo d’Alba, anche se è uguale a quello che si coglierebbe a Voghera».

Un percorso che, approfittando di un importante caratteristica, riesce ad elevare tutto un territorio, come in Italia era già successo: «Negli anni sessanta il boom della moda ha significato la conversione della sartoria all’industria eccellente, ha fatto passare una sapienza dal mondo artigianale al mondo industriale. Un tema che ha occupato stabilmente l’opinione pubblica, ha creato un identità nazionale – sono le parole di Emanuela Marchiafava –  Ora il tema della moda è stato sostituito dal tema del food: in entrambi i casi il made in italy la fa da padrone».

 

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 22 Novembre 2015
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