De Bortoli, una vita da “artisti impagliatori” tra il Veneto e Santo Stefano
Una lunga storia, partita negli anni Venti nel Bellunese e arrivata fino ad oggi, tra tradizione e inventiva

Una vita tra legno e paglia da intrecciare a mano. Anzi: tante vite, tre generazioni nella storia della famiglia De Bortoli, titolare di una delle poche aziende che ancora oggi si dedicano ad un’arte artigianale, viva grazie a clienti collezionisti, appassionati di antichi arredi ma anche del design moderno.
L’azienda porta il nome di Narciso, la generazione che ha consolidato e dato una posizione importante all’azienda, con un volto moderno. «Nostro nonno Domenico De Bortoli era costruttore di sedie e impagliatore, nato a Falcade nel Bellunese, mia nonna era di San Gregorio nelle Alpi» racconta Lorella, che oggi con il fratello Luca porta avanti l’azienda. La zona del Bellunese era una vera “capitale” degli impagliatori e dei fabbricanti di sedie. «Girava per le corti, in bicicletta: allora usavano per lo più legna di gelso fornita dai contadini e la paglia palustre. Sono arrivati in Lombardia negli anni Venti: d’estate andavano a lavorare negli alberghi, in Piemonte, sui laghi, a Milano: viaggiavano in bici, nei lunghi spostamente mio nonno Domenico tirava mio papà Narciso ancora bambino» continua Lorella, sfogliando le foto in bianco e nero e riannodando i fili della memoria, insieme ai fili di paglia.
Storia di careghète, costruttori artigianali che man mano sono diventati “stanziali” . «Mio papà è stato quello che ha fatto il salto di qualità, migliorando la lavorazione, qui a Oggiona con Santo Stefano». La sede è ormai da tanti anni in un cortile appena ai margini del paese: da un lato lo showroom curato da Lorella, che è architetto e si propone anche come figura di “mediazione” tra artigiani e arredatori; dall’altro il cortile ingombro di sedie in lavorazione o in attesa, accanto al laboratorio del fratello Luca. La realtà di oggi è fatta di creazioni originali (in collaborazione con designer e architetti, ad esempio con la sedia Luce Chair), di restauro e riscoperta di pezzi originali, come le mitiche Thonet, le sedie di origine tedesca con struttura in legno piegato al vapore. «La clientela viene da Milano, Svizzera, Piemonte, anche con restauratori e realtà come il FAI, per cui abbiamo recuperato arredi per il monastero di Torba, per Castello di Masino a Caravino, per Villa Necchi Campiglio a Milano». Con la crisi è arrivata anche la riscoperta del gusto di riparare e mantenere i vecchi arredi.
«Mio padre diceva che impagliare è come scrivere una firma. Una cosa è sapere la teoria, un’altra conoscere trucchi e avere la manualità. Ogni lavorzione – quella a cordoncini, la “Chiavari” a intreccio fitto – è un’arte».
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