Seminano asparagi e leggono De Luca, il loro campo si trasforma in una piazza

La storia di due giovani agricoltori che hanno trasformato un ettaro di prato del bisnonno in un punto di ritrovo per famiglie e clienti che li sostengono dando vita ad una comunità di consumatori

il campo dei miracoli di cavona

La madre di tutte le gaffe arriva alle 17.45 in una giornata da cartolina, e nasce da una domanda rivolta a tre ragazzi che stanno seminando piantine di catalogna a piedi nudi in un campo.

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Cavona, il campo dei miracoli 4 di 14

«Come si chiama la vostra azienda agricola?»
– «Pardes»
«Ah. È dialetto, vero?»
– «No. Vuol dire giardino, in antico ebraico. Da questo nome deriva la parola Paradiso. L’ho letta nel Kohelet tradotto da Erri de Luca».

È questo l’inizio di una storia scoperta per caso che, come una matrioska, svela sorprese inaspettate: due fratelli, Francesco ed Emanuele Panozzo di 30 e 35 anni di Cuveglio hanno fatto rivivere un ettaro di terreno con sistemi di concimazione biologica trasformandolo da prato in campo coltivato.
Ma non solo. Nei tre giorni in cui viene fatta vendita al dettaglio di ortaggi, succede qualcosa di speciale. Questo luogo si trasforma in una piazza.

«Proprio così – dice Emanuele – . Dovreste venire qui alle 7 del mattino di sabato, per esempio e vedere che succede. Il segreto è insegnare ai clienti ad aspettare: per servirli dobbiamo cogliere gli ortaggi direttamente dal campo. E qui comincia il bello, perché tutti quelli che aspettano cominciano socializzare, si conoscono, parlano e si scambiano opinioni sugli ortaggi e sui modi di consumarli e di conservarli. Si è formata una piazza reale, spontanea, in mezzo ai campi».

Di tanto in tanto una rara macchina passa e saluta. I bambini in bici passano veloci e si fermano a salutare il cavallo castagna, che sorveglia il campo e dà retta a tutti.
Francesco, quello che legge De Luca, sorride. «È un’attività, la nostra, che ha quasi un risvolto sociologico, antropologico, se vuoi. In men che non si dica si è formata una comunità di persone che non sono solo clienti, ma di fatto anche sostenitori della nostra attività, nata due anni fa da un campo che era di nostro bisnonno».

Emanuele fa da anni l’agricoltore, mentre il fratello Francesco, che troviamo scalzo con cappello e un sacco di canapa attorno alla vita ha studiato scultura a Brera: «Ora il mio mestiere è quello di scolpire la terra».
Così da questa realtà che potrebbe suonare a prima vista come una normalissima impresa agricola, si è creato un esperimento sociale e culturale di cui tutti in paese parlano.

Siamo ancora a Cuveglio, poco prima del ponticello che segna l’inizio di Cavona in località Scavè: in questi campi viene praticata la tecnica del “sovescio”. In pratica si attende che il foraggio fiorisca, e poi lo si taglia. Ma l’obiettivo non è nutrire gli animali bensì la terra. L’erba viene sminuzzata e rivoltata assieme alle zolle nel momento dell’aratura e in questo modo si crea l’humus, il fertilizzante naturale.

Vengono fatti esperimenti di colture relativamente nuove e originali per queste zone, come gli asparagi, che presuppongono una preparazione del terreno e la semina di varietà come Eros, Giove, Marte che poi crescono sotto una coperta di paglia. Ci sono gli impianti di fragole Sant’Andrea col terreno su cui vengono stesi rotoli di pellicola in mater-B – quindi biodegradabile – : tra poco saranno pronte.

Insomma, in questo quadrato di centro metri si intravvede un po’ di futuro e speranza: le comunità che ripensano un modo di vivere i luoghi – tra l’altro questo è il punto dove incomincia la pista ciclabile che collega Cuveglio con Luino – , il rispetto dei tempi della terra, e la produzione che evita gli sprechi. In questo campo, infatti, non si rischia di comprare più del dovuto, perché la verdura rimane ogni giorno in terra, a portata di mano.
«I clienti ritornano. Dopo una diffidenza iniziale, soprattutto da parte degli anziani, abbiamo avuto un grande successo – spiegano i due fratelli Panozzo – . I nostri prezzi sono concorrenziali con quelli della grande distribuzione. Ma la vera sfida la vinciamo sulla qualità».

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 06 Maggio 2016
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