Alle banche piace il piano industriale ritagliato come un vestito

Le imprese per ottenere credito devono rappresentare il loro business in modo coerente. Ivan Spertini (Kpmg): «Negli ultimi anni il mondo bancario ha subito una vera rivoluzione»

univa

«Gli imprenditori italiani hanno tante idee buone, ma non hanno massa critica. La crescita per acquisizione è un utilizzo coerente del denaro chiesto alla banca».  La conclusione di Dario Arban, partner Kpmg advisory, intervenuto al convegno “I piani finanziari e industriali per migliorare il rapporto con le banche alla luce delle nuove regole di vigilanza”, organizzato dall’Unione industriali a Gallarate, sintetizza in modo efficace le due grandi questioni relative al rapporto con le banche: da una parte, la crescita dimensionale che darebbe alla massa di pmi in cerca di affidamenti qualche chance in più di ottenerli, dall’altra, le ragioni per cui si chiedono i soldi, richieste non sempre allineate con gli obiettivi aziendali.

I rapporto banca-impresa, rispetto al passato, è stato letteralmente stravolto. «Negli ultimi dieci anni – spiega  Ivan Spertini, socio Kpmg – il mondo delle banche ha subito una rivoluzione, con una accelerazione negli ultimi due. È cambiato il modello di individuazione del merito creditizio, piaccia o non piaccia è così. E l’imprenditore non può far altro che cogliere le opportunità e limitare i rischi».

In un contesto in cui tutto è cambiato le banche faranno sempre più fatica erogare credito alle imprese anche a causa delle nuove regole di Basilea che impongono accantonamenti sempre più alti per il patrimonio di vigilanza. E d’altronde l’irrigidimento del sistema è giustificato dal fatto che le sofferenze bancarie non diminuiscono. Se si vogliono ottenere finanziamenti diventa dunque fondamentale saper rappresentare in modo adeguato e realistico la propria azienda. «Il bilancio di un’impresa italiana – spiega Arban – dà molte informazioni ma dice poco sul business. Il nostro lavoro, che è un po’ una terra di confine, aiuta le banche a capire la solvibilità delle imprese alla luce di un piano industriale che va fatto come un vestito su misura coinvolgendo l’imprenditore e il management. Non si guarda più l’immagine statica dell’azienda ma quella dinamica. Quelli che funzionano meglio sono quelli che facciamo a quattro mani con chi vive il business tutti i giorni da 40 anni».

Diffidate, dunque, da chi vi propone un modello che va bene per tutte le imprese perché non esiste. «Molti piani industriali – aggiunge Marco Negri, manager Kpmg  Advisory – vengono respinti perché contengono obiettivi non perseguibili dall’azienda. Questo accade perché vengono concepiti come strumenti di marketing, una concezione superata. I piani industriali devono essere coerenti con la realtà dell’impresa».

Gli imprenditori  italiani per finanziare il loro business  si sono sempre rivolti alle banche alimentando così un rapporto che nel secolo scorso aveva comunque permesso al capitalismo famigliare nostrano di trasformare l’Italia distrutta dalla guerra in una potenza industriale mondiale. «Il mondo – sottolinea Arban -non è più lo stesso per le aziende ma anche per le banche che saranno costrette a cambiare approccio».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 22 Settembre 2016
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