Arriva l’inverno, il dormitorio è già al completo

Ricomincia la stagione in cui lo chalet Martinelli diventa anche un dormitorio. E, con l'inizio invernale del servizio, si fa il punto della situazione povertà in città

La chalet Martinelli riapre ai senzatetto

Ricomincia la stagione in cui lo chalet Martinelli, sede degli Angeli Urbani e luogo di raccolta per le persone in difficoltà, diventa anche un dormitorio. E, con l’inizio invernale del servizio, si coglie l’occasione per fare il punto della situazione nella struttura, che è punto di riferimento e di presidio per l’emergenza varesina.

I NUMERI DELLO CHALET

«Da gennaio, sono 886 le persone venute a vestirsi: solo nell’ultimo mese si sono presentati in 120 solo dalla Nigeria – spiega Piera Cesca, direttrice degli Angeli Urbani – Poverini, arrivano con le infradito e i pantaloncini corti e hanno bisogno di tutto»,

A mangiare, sono arrivati in più di 14.000: «Vengono a mangiare a mezzogiorno il pane e le focacce che ci fornisce il banco alimentare»

Riapre lo chalet martinelli per l'inverno

TANTE STORIE IN UNO CHALET 

Ora il dormitorio è già pieno: sono occupati tutti i 12 letti previsti, più 4 volontari – in realtà ex ospiti che si prendono cura della struttura. «Prevalentemente sono italiani, ma ci sono anche un algerino, un bosniaco e due rumeni».

Storie di ogni genere, come quella di Claudio, rumeno che parla 5 lingue e ha un italiano perfetto. che è stato il primo ospite dello Chalet, nel 2012, e ora dorme da volontario al Martinelli, mentre di giorno ha trovato un lavoro come Asa (che era il suo lavoro da sempre, finchè non è rimasto per strada) o quella di Nik, chef lavenese che ha fatto per lavoro il giro del mondo e si è ritrovato senza un tetto per una assurda vicenda che parte dalla Thailandia. O come l’informatic di 55 anni che ha perso il lavoro, e per questo ha finito per perdere la casa e la sua dignità, ed è allo chalet per ricostruirla con calma.

“FINALMENTE UNA RISTRUTTURAZIONE”

Lo chalet, in questi giorni, è circondato dai ponteggi: «Finalmente dopo 10 anni C’è una prima ristrutturazione dello stabile – ha commentato Piera Cesca –  I primi avori, che vedete, riguardano la messa in sicurezza del tetto, perchè stava per crollare e ci pioveva dentro. Ma il comune ci ha promesso anche di risolvere il problema del contatore Enel, che fino ad ora abbiamo avuto in comune con la Polizia Locale e spesso saltava, anche di notte. Ora ne avremo uno autonomo».

«Questo luogo è un presidio per una zona delicata e un ponto d’attenzione per chi è in difficoltà – ha spiegato il sindaco,  Davide Galimberti – Quelli che stiamo mettendo in atto sono alcuni interventi doverosi, perchè da anni pioveva dal tetto e non potevano rimanere senza luce. Questi però sono solo interventi di emergenza per affrontare i mesi invernali: ricordo che questa struttura è all’interno del bando del governo per le periferie cui abbiamo partecipato con il progetto delle stazioni, quindi sono previsti lavori più strutturali. E’ importante per noi questo luogo di accoglienza, perchè è anche un luogo che garantisce una maggiore sicurezza per il presidio che assicura in questo delicato punto della città, 24 ore su 24».

“VARESE CITTA’ DI ACCOGLIENZA PER LE EMERGENZE”

«Varese sta cominciando ad avere un’importante capacità di accoglienza nelle situazioni di emergenza – ha spiegato don Marco Casale, referente per la Caritas varesina – lo chalet Martinelli accoglie in tutto 126 persone, il dormitorio di via Maspero ne accoglie 20, la casa San Carlo 10, che diventeranno 20 con lavori in corso che dovrebbero concludersi entro i primi dell’anno. In più ci sono degli appartamenti sparsi per la città per cominciare una forma di autonomia post emergenza. In tutto sono quasi settanta posti letto come dimora per l’emergenza in città. E  il coordinamento tra queste realtà favorisce ulteriormente un’organizzazione per l’accoglienza».

Un monito, a questo proposito, arriva però dal presidente degli Angeli Urbani, Walter Piazza: «In questi casi, e soprattutto con chi arriva da culture profondamente diverse dalla nostra, è importante anche un percorso formativo, affinchè non cresca il disagio reciproco: un consiglio che rivolgo soprattutto alle cooperative che si occupano di rifugiati, che devono essere in grado di dare un percorso ai loro assistiti, perchè l’assistenza abbia un effetto concreto».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 19 Ottobre 2016
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