L’affido è sempre più familiare

I dati forniti dal Servizio affidi zonale fotografano una realtà che in pochi anni ha dato risultati importanti. In prima fila i Comuni di Taino, Sesto Calende, Travedona e Vergiate

Travedona Monate generiche

«Io ho scoperto di avere pazienza con i bambini». Per spiegare l’importanza di un istituto come l’affido non c’è nulla di più efficace della testimonianza di una persona che ha deciso di accogliere nella propria esistenza un “nuovo figlio”. Fabio, Eva e Sara hanno parlato della loro esperienza di famiglie affidatarie durante il convegno “L’affido è sempre più familiare” che si è tenuto nella Sala don Luigi Ponti di Travedona Monate. Non si può comprendere la complessità di questo servizio fondamentale per il territorio, se non si raccontano i singoli elementi che lo costituiscono. Per poter fare il punto della situazione, gli organizzatori del convegno (l’Ambito territoriale di Sesto Calende e la cooperativa sociale l’Aquilone) hanno dunque coinvolto tutti i soggetti in campo. Ad ascoltare in prima fila anche alcuni pubblici amministratori tra cui Andrea Colombo, sindaco di Travedona Monate, Marina Rovelli, sindaco di Comabbio e presidente dell’ambito di Sesto Calende, il vicesindaco di Vergiate, Daniele Parrino, gli assessori ai Servizi sociali  Edoardo Favaron (Sesto Calende), Angelo Granata (Ispra) e Chiara Bianchi (Travedona) .

DA DOVE SI È PARTITI
«Occorreva fermarsi  e raccontare per innescare una riflessione e un primo bilancio su questo percorso» ha detto Daniela Restivo, responsabile dell’Ufficio di piano di Sesto Calende, ricordando le tappe del progetto affido sul territorio, partito dal Comune di Vergiate e poi esteso a un ambito territoriale più vasto. Un modello virtuoso che ha dato risposte sia in termini di efficienza che di sostenibilità, grazie a una gestione associata in grado di coinvolgere i vari livelli a partire dalle amministrazioni comunali fino allee varie equipe di tutela che seguono i minori e le famiglie sui territori. «Non c’era nulla di predefinito – ha spiegato Daniela Restivo – perciò abbiamo dovuto approvare in forma sperimentale il regolamento affidi. Mi rendo conto che questa parola, quando si parla di persone e in particolare di minori, possa sembrare inappropriata, ma solo così si poteva strutturare cammin facendo una rete territoriale per l’affido che è una cosa molto complicata».
In un’epoca dove il patto di stabilità, la scarsità delle risorse comunali e la crisi economica hanno impoverito il welfare e reso difficile qualsiasi percorso innovativo nei servizi, per la nascita di questo progetto è stato determinante un primo finanziamento triennale della Fondazione Cariplo. È un esempio del nuovo Umanesimo che avanza in economia caratterizzato da una nuova alleanza tra privati, amministrazioni pubbliche e terzo settore.

UN SERVIZIO CHE FUNZIONA
I dati presentati al convegno da Marco Bernardi e Valentina Satriano del Servizio affidi zonale fotografano una realtà che in pochi anni ha dato risultati importanti. I progetti di affido in corso sono 19, di cui 3  intrafamigliari e 16 eterofamigliari. Si tratta per lo più di forme di affidi temporanei (15), dei 4 rimanenti tre sono leggeri e uno permanente. I comuni di provenienza dei minori e delle famiglie sono Taino, Sesto Calende, Travedona e Vergiate che, essendo il comune da cui tutto è partito nel 2009 con il progetto affido leggero, fa registrare il numero più alto di famiglie (9) e minori (10) coinvolti. Sono 14 le coppie con figli ad aver scelto di accogliere in famiglia un minore,  4 quelle con altri figli in affido e una coppia senza figli. Tra i ragazzi e le ragazze date in affido ci sono tre coppie di fratelli e sorelle  inserite insieme nelle stesse famiglie, un disabile non grave e sette minori stranieri. Il buon funzionamento del servizio è dimostrato dal fatto che un solo affido dei 19 in corso arriva da un’altra famiglia affidataria, contro i dieci provenienti dalla comunità e sette dalla famiglia di origine. A determinare l’allontanamento del minore concorrono diverse cause: maltrattamenti (7), inadeguatezza (5), abbandono (4), fragilità familiare (2), patologie psichiche dei genitori (1).

UN LAVORO ANCORA TROPPO INVISIBILE
L’affido è un istituto di per sé temporaneo che prevede, quando ne sussistono le condizioni, il rientro del minore nella famiglia di origine. Il fatto che nei dati presentati ci sia stato un solo caso di rientro, non deve far pensare a un fallimento del servizio. Avere una prospettiva di ricongiungimento è un obiettivo a cui tendere che ha un valore enorme, terapeutico e non, sia per il minore che per la sua famiglia. «L’affido è un progetto dove ci sono spazi e tempi dedicati alle famiglie di origine – ha spiegato Paola Bianchi del Tavolo affidi zonale  – . Il bambino ha il diritto di mantenere i contatti con il nucleo originario e di avere interventi e servizi adeguati al progetto. Servono competenze specifiche, reti informali e soprattutto solide alleanze perché è un lavoro lungo che varia da caso a caso».
Le equipe di tutela hanno un’anima divisa in due: da una parte devono rassicurare il bambino sulla sua “nuova” famiglia e sulle esperienze positive che vive, dall’altra devono lavorare sulla famiglia di origine con tutte le conflittualità che una situazione di questo tipo scatena. «Anche se è meno visibile ai non tecnici  – ha spiegato Marianna Bonetti  dell’equipe tutela di Vergiate – Il nostro lavoro è costante nel tempo. Il bambino va sostenuto e soprattutto rassicurato sul fatto che qualcuno si sta occupando dei suoi genitori».
L’obiezione sollevata da alcuni presenti al convegno riguarda proprio la continuità degli interventi sulla famiglia di origine quando il minore viene allontanato a causa dei maltrattamenti subìti. «Il lavoro sulla famiglia va fatto in chiave di recupero – ha aggiunto Marta Saraggiotto dell’equipe tutela di Vergiate -. E  quando si ottiene dai genitori un’ammissione del problema noi lo riteniamo già un successo. A volte in questo percorso complesso l’equipe si sente un po’ sola, serve un contesto di servizi organizzato, di collaborazioni e alleanze consolidate».

LA FAMIGLIA AFFIDATARIA È UN PONTE
Il tema del rientro è il più delicato per tutti i soggetti coinvolti in questo percorso. Spesso le famiglie di origine sono conflittuali e non tutte collaborano allo stesso modo. Luisa Di Matteo del Tavolo affidi zonale ha presentato una testimonianza video interessante in cui una famiglia affidataria dialoga con il padre del minore e racconta l’aspettativa del piccolo Omar (è un nome di fantasia, ndr) sul suo rientro in famiglia. «Abbiamo spiegato a Omar che noi siamo un ponte e stiamo camminando insieme a lui e che tra un pochino arriveremo dall’altra parte dove  ad attenderlo a braccia aperte ci sarà suo padre Giuseppe. È bastata questa immagine per rasserenarlo».

TUTTI POSSONO DIVENTARE AFFIDATARI
Per prendere un minore in affido non occorre essere sposati, possono farlo anche single e coppie conviventi, con o senza figli e senza limiti di età (per chi fosse  interessato può contattare lo 0331/913579).  È previsto un sostegno economico alle famiglie affidatarie che va dai 650 euro al mese per l’affido speciale a un contributo simbolico per l’affido leggero (consulta il regolamento affidi). «La vera ricchezza – ha concluso un’operatrice dell’equipe tutela di Vergiate – è la straordinaria esperienza di crescita personale che si vive con l’affido. E per quella non c’è prezzo».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 05 Maggio 2017
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