Si fingevano turisti ed evadevano l’Iva, 146 denunciati
Cittadini cinesi residenti in Italia, facevano acquisti negli outlet e nei negozi di lusso dicendo di venire dalla Cina. Scarpe, vestiti, borse di marca venivano rivenduti attraverso una piattaforma informatica
Fingevano di essere viaggiatori in visita in Italia dalla Cina, usufruivano del “tax refund”, ma in realtà vivevano in Italia e rivendevano la merce acquistata. Per questo sono finiti nei guai 146 cittadini cinesi, accusati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato: avrebbero evaso oltre 700mila euro di Iva.
La rete di commercio di beni di lusso ottenuti in modo truffaldino è stata scoperta dall’operazione “Red Channel”, che ha visto impegnati i militari della Guardia di Finanza di Malpensa e i funzionari del locale Ufficio dell’Agenzia delle Dogane, coordinati dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, con il sostituto procuratore Nadia Calcaterra.
LA normativa sugli acquisti Tax Free prevede, per le persone fisiche residenti fuori dall’Unione Europea, il rimborso dell’Iva per gli acquisti di beni effettuati nell’UE, che siano destinati all’uso personale o familiare del viaggiatore. I beni acquistati devono essere trasportati al di fuori del territorio dell’Unione entro tre mesi dalla data della fattura, ma in questo caso non uscivano mai dall’Italia. Finivano invece ad alimentare un commercio di beni di lusso rivolto prevalentemente (se non esclusivamente) a cittadini cinesi che vivono in Italia. «Quando abbiamo effettuato le perquisizioni a Novi Ligure, a Torino, a Milano abbiamo trovato appartamenti pieni zeppi di scarpe, profumi, abiti, borse gridate» spiega il tenente colonnello Giuseppe Bua, comandante della GdF a Malpensa. Per venderli utilizzavano «la piattaforma informatica WeChat in cinese, propenendoli attraverso chat o vetrine».
I “daigou” (i buyer) facevano acquisti prevalentemente negli outlet di Serravalle Scrivia, Firenze e Noventa di Piave, ma anche nei negozi delle griffe del lusso a Milano, mostrando il passaporto cinese. Attraverso altre figure (definite in cinese “renrou”) le merci venivano portate a Malpensa, per completare la procedura di tax refund, recuperando cioè l’Iva, come previsto per i viaggiatori extra UE che facciano acquisti nell’Unione e ritornino nel loro Paese di origine. Il punto è che in realtà i cinesi denunciati vivevano in Italia: «Facevano la coda agli sportelli e presentavano i documenti necessari. Nel corso dei controlli abbiamo scoperto persone che si presentavano allo sportello senza biglietto aereo e senza avere nel bagaglio le merci, altri che presentavano biglietti falsi».
il tenente colonnello Giuseppe Bua con il comandante provinciale Francesco VitaleI primi elementi d’indagine sono venuti dalla banca dati dell’Agenzia delle Dogane, che incrocia e verifica le informazioni sul tax refund, grazie al «sistema Otello reso operativo il 10 marzo del 2015», alla vigilia di Expo, come spiega Marzia Mariotti, direttore delle Dogane a Malpensa. «Con questo sistema, che ci consente di tracciare tutti i dati dei viaggiatori che fanno acquisti, siamo risaliti anche a chi non aveva titolo».
«Una nuova frontiera della frode fiscale» la definisce il Sostituto Procuratore Nadia Calcaterra, affiancata dal Procuratore Fontana e dal comandante provinciale della Guardia di Finanza colonnello Francesco Vitale.
La frode era ovviamente legata al mancato versamento dell’Iva in Italia, nonostante gli acquisti avvenissero in Italia, da parte di persone residenti in Italia. Gli indebiti rimborsi I.V.A. sono stati quantificati in 719.375,27 euro (su un totale imponibile di 4.000.141,64), una cifra notevole dietro a cui ci stanno ben 4608 documenti fiscali emessi da negozi e outlet (ovviamente non consapevoli della truffa).
I 146 indagati risiedono nel Nord Italia (Novi Ligure, Milano, Torino) ma anche a Roma e in provincia di Pesaro e Urbino. Nel complesso, durante l’operazione, sono stati sequestrati una autovettura, denaro contante, diverse carte di credito riconducibili a soggetti indagati, decine di capi di abbigliamento e accessori per abbigliamento “griffati” (cinture, sciarpe, portafogli), diverse paia di calzature, alcuni personal computer e centinaia di fatture, scontrini fiscali, ricevute di versamenti bancari e ricevute “Tax Free”.
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