Rubata la cornice d’argento del carabiniere eroe che combatté i tedeschi
Lo giustiziarono a 30 anni dopo che si era unito ai partigiani della Resistenza. Al momento dell'esecuzione assestò un forte pugno al capitano tedesco che gli si era avvicinato per bendarlo
Filippo Bonaviticola aveva 30 anni quando gli spararono in un’esecuzione. Era un carabinieri, o meglio, senza mezze misure, un eroe.
Morì nel 1944 e in questi giorni, 73 anni dopo, la cornice in argento che lo commemora, sulla lapide in marmo con la sua effige, è stata appena rubata. Si trovava nel Parco delle Rimembranze a Lonate Pozzolo e i famigliari del militare sono andati a denunciarne la scomparsa alla stazione dei carabinieri.
La storia di Filippo Bonaviticola è tosta. Il giovane venne sorpreso dall’armistizio dell’8 settembre 1943 in Albania e si unì subito, così come fecero molti carabinieri della Legione di Valona, ai partigiani albanesi e con questi combatté, sino a che non fu catturato dai tedeschi ad Elbasan.
Dapprima venne condotto in campo di concentramento tedesco dal quale però riuscì ad evadere per raggiungere di nuovo le fila dei partigiani russi e slovacchi e continuare la lotta.
Quando venne catturato di nuovo, conscio della prossima fine, mantenne, durante il processo e la lettura della sua condanna a morte un “fierissimo contegno rincuorando i compagni di prigionia, inneggiando al Re e all’Italia”. Le cronache raccolte tra le fonti dei carabinieri dicono che al momento dell’esecuzione assestò un forte pugno al capitano tedesco che gli si era avvicinato per bendarlo e, scoprendosi il petto, gridò: ” Sparate pure, non temo la morte “.
Era nato a Montella, ad Avellino, il 3 marzo del 1914 e morì l’8 dicembre del 1944 a Branova, in Slovacchia. I suoi resti poterono essere riportati in Italia soltanto nel dicembre del 1994 e sono tumulati nel cimitero di Cassano Irpino, vicino al suo paese natale.
Fu un vero militare italiano, insignito di medaglia d’oro al valor militare alla memoria e ricordato dall’Arma con orgoglio. Anche a Lonate Pozzolo, dove si trovava la targa, che ora non c’è più.
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