Non solo banche, il credito per le imprese passa dalla rete
Crowdfunding e crowdinvesting, la tecnologia al servizio del credito. Anche in Italia ci sono piattaforme digitali che raccolgono risparmio per investirlo in imprese e startup
«Sono cattive, brutte, danno poco credito. Eppure gli imprenditori quando hanno bisogno di soldi si rivolgono sempre alle banche. È una questione culturale perché in Italia il credito alternativo non esiste». A parlare è Ivan Pellegrini, ceo di Borsadelcredito.it, piattaforma on-line specializzata nel crowdinvesting, ovvero la raccolta di denaro in internet per finanziare attività imprenditoriali già avviate, startup e idee di business. Di finanza 4.0, alternativa ai classici percorsi bancari, si è parlato nella sede di Gallarate dell’Unione degli industriali della provincia di Varese nell’ambito del sesto appuntamento del ciclo “Approfondimenti di finanza – scuola d’impresa”.
LA CRISI DEL CREDITO TRADIZIONALE HA FAVORITO IL DIGITALE
Nonostante il notevole ritardo dell’Italia in tema di finanza alternativa alle banche, rispetto al mondo anglosassone, qualcosa si sta muovendo. Siamo agli albori, ma anche da noi ci sono società (poche in verità) che utilizzano la tecnologia digitale per raccogliere risparmi privati e risorse finanziarie da destinare a sostegno delle imprese.
Le cifre fotografano bene questa situazione: in Europa, Regno Unito escluso, il crowdfunding ha raccolto volumi pari a 1 miliardo di euro. Sulla piazza finanziaria londinese, invece, il dato è pari a 4,4 miliardi. Anche in termini di crescita le piattaforme web inglesi viaggiano ad un ritmo maggiore: +95%, contro una media europea del +72%.
Il primato europeo spetta dunque alla Gran Bretagna, che conta più di 1 milione di persone finanziatrici per 275mila imprese finanziate. In Francia, dove si registra una percentuale del 65%, la racconta è pari a 319 milioni. In Germania il 73% di consumatori sul web si aggancia ad un valore del crowdfunding di 249 milioni. In Italia il crowdfunding vale 189 milioni, di questi 88 milioni sono da imputare al lending crowdfunding, 12 milioni all’equity crowdfunding e altri 88 milioni all’invoice trading crowdfunding.
Diversamente a quanto si possa pensare la crescita di questi strumenti non è correlata all’andamento dell’economia dei singoli Paesi o a quello del loro Pil. «Il crowdinvesting, così come il crowdfunding – spiega Federico Colia, associate director at Kpmg – nascono in un contesto di crisi del mercato del credito tradizionale e per naturale evoluzione dell’on line investing bancario e dei servizi evoluti nell’era del digitale, sempre più vicino alle custumer experience di shopping sul web o di altri prodotti o servizi». Come dire: di fronte ad un credito bancario alle pmi calato dai 95 miliardi del 2008, a livelli intorno ai 54 miliardi, anche il sistema produttivo italiano si è aggrappato al web, così come hanno fatto molte altre realtà in cerca di risposte più rapide e su misura.
COME FUNZIONA
Nel crowdinvesting più investitori finanziari possono usare una piattaforma internet per rispondere ad un appello di un’impresa che ha bisogno di risorse a sostegno di un proprio investimento, offrendo in cambio una remunerazione del capitale prestato. Il meccanismo è abbastanza semplice. L’impresa stila un business plan a sostegno di una propria idea. Invia la documentazione ad una piattaforma on line specificando l’importo richiesto e le tempistiche del finanziamento. La piattaforma avvia l’istruttoria per la verifica dei requisiti dell’impresa. Parte a questo punto la campagna web di raccolta fondi tra investitori e risparmiatori. Infine, all’eventuale raggiungimento del target prefissato, viene erogato il credito. È a questo punto, nel momento di remunerazione del capitale da parte dell’impresa, che il crowdinvesting può prendere due strade: o quella del lending crowdfunding, in cui l’investitore riceve dall’impresa il capitale prestato più il tasso di interesse prefissato; o quella dell’equity crowdfunding, in cui l’investitore viene remunerato attraverso l’acquisito, tramite la piattaforma, di quote di capitale dell’impresa, sulla base dei profitti della stessa. C’è anche una terza opzione è quella dell’invoice trading crowdfunding, in cui le piattaforme web fanno da intermediarie per la cessione e l’anticipo fatture, come nel più tradizionale “sconto fatture”.
VELOCITÀ E SEMPLICITÀ
Smartika, BorsadelCredito.it, StartsUp, WORKINVOICE.IT sono le principali piattaforme che operano in Italia. «La nostra piattaforma – spiega Ivan Pellegrini, ceo di BorsadelCredito.it – conta 15mila imprese clienti e più di 3mila prestatori iscritti». La differenza, con le tradizionali richieste di credito al sistema bancario, non sta solo nello strumento digitale, quanto piuttosto nella velocità dell’operazione. «Niente code, niente attese, niente firme inutili ma una sola firma digitale tramite un codice incontestabile – continua Pellegrini – e dopo pochi giorni, se ci sono le condizioni, facciamo arrivare i soldi tutto questo è possibile grazie alla tecnologia».
L’opportunità per le pmi dunque esiste, ma per far crescere in modo significativo il crowdfunding, secondo Colia, in Italia servono due azioni precise: colmare il gap digitale del nostro Paese (siamo davanti solo a Grecia, Bulgaria e Romania) e fare leggi più chiare e dettagliate per favorire la partecipazione alle attività di crowdinvesting.
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