“Sulla disabilità non impareremo dalla pubblicità progresso, ma dai bagni pubblici”

Con il libro scritto a quattro mani con il figlio George, Simonetta Agnello Hornby ha portato a Duemilalibri il tema con garbata ironia e lieve profondità

Duemilalibri 2017

Simonetta Agnello Hornby ha portato a Duemilalibri il tema non facile della disabilità, trattato con lieve profondità e con garbata ironia.

“Nessuno può volare” è il libro che parte dalla condizione del figlio George, che ha dovuto rinunciare a camminare in età adulta, per una malattia degenerativa. «Normodotati è una parola che non mi piace» ha esordito Agnello Hornby, intervistata al Maga da Angela Gambirasio, blogger che vive e scrive anche di disabilità. «Mio figlio Giorgio mi ha detto: perché non ci chiamiamo imperfetti?».

Un racconto storico sul tema della “imperfezione”, da Sparta e la Rupe Tarpea fino a Franklin Delano Roosvelt, il presidente Usa che visse sempre in sedia a rotelle, vinse la Grande Depressione e una guerra mondiale e alla fine fu rappresentato da una statua in piedi, fiero e altero, cancellando l’indicibile disabilità. Fino ad oggi, alla narrazione e all’attenzione alle persone “imperfette”. Agnello Horny – nella sala degli arazzi del Maga strapiena – ha portato la storia della sua famiglia, sospesa tra il mondo anglosassone e la mediterranea Palermo. «I media? In Inghilterra sono aperti il giornalismo, lo sport, ogni ambito. George può girare ovunque lì, in Italia sì, ma a fatica, con grandi punti interrogativi».

Duemilalibri 2017

«Anche io quando vado a Londra sono Ghandi» l’ha incalzata con ironia Angela Gambirasio, che ha raccontato nei suoi post e in un libro (“Mi girano le ruote”) le difficoltà della vita da disabili, con abbondanti dosi di rabbia e sarcasmo.

«Fino a che non avremo persone disabili che vivono e percorrono le nostre strade, non impareremo mai che siamo perfetti e imperfetti» ha continuato Agnello Hornby. «Non impareremo con le campagne di sensibilizzazione, ma entrando nei bagni pubblici: provate a prendere in mano gli oggetti d’uso comune, il sapone, i rubinetti, spesso è una impresa. Non si sono spesso gli specchi: a cosa serve uno specchio al disabile che è brutto?» ha concluso Agnello Hornby con sarcasmo.

Il racconto della “signora della narrativa italiana” è anche quello del rapporto tra madre e figlio, così forte, tramandato di generazione in generazione. «La prima che ho detto quando George mi ha detto della sua malattia è stato: “perché non è successo a me?”. Quando l’ha sentito George, ha pensato: “grazie a Dio non l’ha avuto mia moglie o mia figlia”. Penso che sia normale per un genitori, prendersi la gloria e la sfortuna dei figli».

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Pubblicato il 14 Ottobre 2017
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