“Non ho ucciso mio marito e non mi aspettavo 30 anni”

Laura Taroni ha commentato così in carcere la sentenza di condanna, ma la sua storia è molto più complessa e nasce da un rapporto difficile con la madre

laura taroni infermiera killer

Non ho ucciso mio marito e non mi aspettavo 30 anni”. Sono le parole che questa mattina l’infermeria Laura Taroni ha consegnato al suo avvocato, Monica Alberti, nel primo colloquio in carcere a Como, dopo la sentenza di venerdì scorso: 30 anni di carcere in abbreviato per i due omicidi della madre e del marito, rinvio a giudizio per il suo ex amante, il viceprimario del pronto soccorso di Saronno Leonardo Cazzaniga. Tante famiglie in questa storia sono distrutte dal dolore. In aula la donna ha pianto, in carcere era meno scossa. E’ seguita da psicologi e psichiatri. Della madre non parla. Il rapporto complesso con lei, è forse il nocciolo della questione. Sta rielaborando una vita intera.  Ora si concentrerà sulla causa per ottenere di poter vedere ogni tanto i figli. Poi ci sarà l’appello.

leonardo cazzaniga laura taroni

I giudici le hanno tolto i figli, di 12 e 10 anni, le è stata sospesa la potestà genitoriale durante l’esecuzione della pena. Quello che è certo è che questi anni di indagini della procura di Busto Arsizio e dei carabinieri di Saronno hanno fatto luce su una storia incredibile.

LA STORIA DI LAURA TARONI

Secondo Monica Alberti, l’avvocato della Taroni, la donna ha sostanzialmente un vissuto connotato da umiliazioni e sofferenze. Sin da bambina Laura si trova sostanzialmente tra due fuochi familiari: la famiglia paterna, originaria di Moltrasio (Como) e la madre, di Olgiate Comasco (Como). Il padre muore, quando Laura ha soli 4 anni, per le conseguenze di un intervento cardiaco sperimentale a cui non sopravvive. Cresce tra soli adulti e la madre è molto autoritaria: “Io di schiaffoni ne ho presi tantissimi” dice  l’imputata ai giudici. La mamma, a quanto pare, la colpevolizza per la morte in giovane età del marito e l’infermiera afferma che in una lite recente tra le due donne le viene di nuovo rinfacciato di essere stata la causa della morte del padre, il quale si sarebbe sottoposto ad un intervento a quei tempi assolutamente rischioso solo nella speranza di poter sopravvivere per veder crescere la propria bambina. L’infanzia passa tra le scuole cattoliche, odiate, e una educazione “bigotta”, a cui lei contrapporrà il rifiuto, una volta divenuta genitore, di far fare la cresima e la prima comunione ai figli. 

processo Taroni

L’avvocato Monica Alberti

Secondo Laura la famiglia paterna provava a sua volta dell’astio verso Maria Rita Clerici, e cercava di ingraziarsi la bimba riempiendola di regali. “Era un po’ come comprare l’affetto” conclude la Taroni, facendo un bilancio della sua infanzia. La stessa Laura Taroni riproporrà questo schema da adulta: per conquistare l’attenzione e anche l’amore dei medici dell’ospedale, non esita a elargire costosi regali, ma anche favori ad amici e parenti che hanno bisogno di visite . “Volevo fare il medico ma mia madre me l’ha impedito” dice ancora, e attribuisce alla Clerici una sorta di svalutazione perenne della sua persona. Non era degna di fare il medico.

Il dato costante che ritorna è che le relazioni di Laura Taroni, fino a l’arrivo di Cazzaniga, sarebbero state tutte fondate su un “do ut des continuo”, materiale, che non ha nulla a che fare con relazioni fondate su sentimenti più profondi. Anche con Leonardo Cazzaniga la relazione inizialmente è solo sessuale. Ma successivamente vi è la svolta e i due diventano intimi. Finalmente, dice la difesa, Laura Taroni trova un uomo in grado di amarla. Il marito Massimo Guerra scopre la relazione e nella loro casa di Lomazzo (Como) inizia un periodo durissimo. La Taroni accusa Guerra di seviziarla sessualmente, e sarebbe questo il motivo per cui l’infermiera inizia a somministragli farmaci per inibirne la libido. In aula gli avvocati hanno detto che “probabilmente viene meno l’erezione ma non la perversione e la maniacalità nei rapporti”.  Laura Taroni riferisce che il marito passa all’uso di oggetti a scopo sessuale. Risultano comunque agli atti fotografie degradanti, la Taroni deve perfino ricorrere alle cure ospedaliere per una lacerazione, episodio citato anche dalla pm Maria Cristina Ria. Vi sono conversazioni effettuate tramite registratori che il marito aveva seminato per la casa nell’intento di controllarla.

Il resto è noto. Ma c’è anche un altro dato che complica la vita di Laura Taroni. Un’amica del marito, Maria Assunta Eder, riferisce ai magistrati di rapporti famigliari ormai lacerati per questioni economiche e di debiti dell’azienda. Di un matrimonio finito, che era tenuto in piedi solo per i figli.

Sui due omicidi Laura Taroni non ha mai ammesso di aver ucciso il marito e la madre. Ha detto di aver solo usato farmaci per diminuire la libido di Guerra e di aver chiamato Cazzaniga per curare la Clerici, il giorno in cui si sentì male. Si è difesa affermando di essere stata lei stessa a salvare Guerra quando nel novembre del 2011 andrà in arresto cardiaco, con un massaggio, e anche nel 2012 in un altro episodio chiamerà lei i soccorsi. I magistrati le contestano indifferenza, per gli acquisti online effettuati il giorno in cui muore la madre. Lei si difende, afferma che era solo un modo per sopportare il dolore: “Cioè il perché io sono solita quando non sto bene, faccio una marea di acquisti…in qualche modo dovevo scaricare...se mi chiedesse da uno a 100 soffrivo 100”.

Un’altra autodifesa di Laura Taroni è proprio in un colloquio in carcere quello del 04 aprile 2017 con la babysitter Stefania C. in cui afferma “io non mentirò mai ai miei bambini: gli dirò sempre che suo papà non l’ho ucciso.. cioè che gli dessi le cose per dormire va bene…”.

Durante la lettura della sentenza, venerdì scorso, è stata immobile in silenzio. Gli occhi le si sono coperti di lacrime: ha pianto silenziosamente, pensando ai figli. Nella ricostruzioni di indagine ha fatto molto scalpore una frase –  “Se vuoi li uccido” – che la Taroni disse, intercettata, all’amante medico; ma la procura in una conferenze stampa ha chiarito che non c’era alcun proposito omicidiario, era una frase di sfogo detta dopo un litigio con uno dei bambini.

Tuttavia le  strade sentimentali dei due imputati si sono divise da tempo. La Taroni durante l’incidente probatorio dice ai giudici che le iniezioni alla madre furono decise da Cazzaniga, lui si sente accusato e le scrive che non vuole mai più vederla e sentirla. Le scrive addirittura di dargli del lei. L’ultimo messaggio è di Laura Taroni, lo scrive il 5 giugno del 2016: “Tu non hai buttato via 5 anni, non ti ho accusato di niente, ho data ognuno di noi le proprie colpe ma tu pensi che tutto questo influenzerà tutti gli altri capi di accusa, se hai letto bene ho ritrattato 2000 volte, volevo salvarti ma eri insalvabile, l’hanno capito anche loro”. E poi prosegue al termine della lettera: “Penso che se a mente lucida rileggi l’interrogatorio ti accorgerai che non ho inventato niente per te, cioè contro di te”. Il prossimo 13 aprile torna in aula Leonardo Cazzaniga, in corte d’assise a Busto Arsizio, per essere giudicato o raccontare la sua verità.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 26 Febbraio 2018
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.