La Salvi A&C chiude i battenti dopo un secolo di storia
Il gruppo Sicame ha deciso di trasferire la produzione in Francia, a rischio 44 posti di lavoro. Uilm: «Non è tollerabile che una multinazionale straniera chiuda le nostre aziende e si porti il lavoro nei propri confini»
La Salvi A&C azienda milanese con una storia industriale di oltre un secolo, passata all’inizio degli anni duemila nelle mani del gruppo francese Sicame ad agosto chiuderà i battenti. Dal passaggio nelle mani dei francesi e per poco più di un decennio la società mantenne però il timone italiano, e ciò consentì alla Salvi di arrivare a fatturare 30 milioni di euro.
Ad inizio 2016 la Sicame improvvisamente decide di sostituire la dirigenza italiana – si disse per potenziare l’azienda sui mercati internazionali – ma ciò che appariva un normale ricambio di governance si è rivelata una scelta ancor prima che errata, sistematica e premeditata, per permettere ai francesi in soli due anni di disintegrare clientela, ordinativi e fatturato, facendo ricorso tra l’altro agli ammortizzatori sociali. Ora la decisione finale: la produzione verrà trasferirla in Francia, licenziando 44 lavoratori su 61.
«La scelta di salvare 17 dipendenti, di cui solo 11 sono i lavoratori e il resto dirigenti, può apparire come una iniziativa della Sicame tesa a ricollocare parte degli esuberi – spiegano i sindacalisti della Uilm Milano Monza e Brianza -. In realtà ciò rappresenta il cinico tentativo di mantenete un’unita commerciale e tecnica per accaparrarsi il lavoro di matrice pubblica garantito da clienti Italiani come Terna, nota azienda italiana che garantisce il trasporto dell’energia elettrica nel nostro Paese. Non è tollerabile che una multinazionale straniera venga in Italia chiuda le nostre aziende e si porti il lavoro nei propri confini. Ma soprattutto come è possibile finanziare lavoro all’estero con i soldi pubblici italiani.? Bisogna intervenire e porre uno stop a questo scempio che avviene di continuo nel nostro paese».
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