Benvenuti in città: il palazzo che accoglieva chi entrava a Gallarate

Costruito nel 1928-29 sul luogo dove c'era la prima fabbrica tessile dei Ponti, questo "edificio plurialloggio" fu un po' il primo condominio del borgo

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Per quanto ferito da abbattimenti in anni recenti, è ancora uno degli angoli più “urbani” di Gallarate. Largo Boito – all’ingresso del centro venendo da Samarate e Novara – ha assunto questo aspetto negli anni Venti, grazie soprattutto al grande palazzo che fa da quinta a chi entra nel borgo dalla via Magenta, la strada che veniva da Samarate, dal Ticino, da Novara.

A Gallarate gli anni Venti furono anni di grande rinnovamento edilizio, con l’inserimento di nuove architetture per servizi come i quattro padiglioni aggiunti all’ospedale o le sedi delle banche, infrastrutture urbane come la scalinate di Crenna o quella alla stazione. Ci fu anche un’intensa attività edilizia privata, anche dentro all’area del vecchio borgo chiuso dalle mura, quello che viene soprannominato “la noce” o ”l’esagono”. Sorsero ad esempio la Casa Bellora in piazza Garibaldi o la particolarissima Casa Orlandi (qui la storia).

E uno degli interventi significativi è appunto in Largo Boito: qui c’era un alto, già vecchio edificio su quattro piani, che era stato il primo stabilimento a Gallarate della celebre famiglia Ponti, tra le maggiori dinastie industriali dell’Alto Milanese. A cavallo tra 1928 e 1929 venne abbattuto e sostituito dal fabbricato che fu definito allora un “edificio plurialloggio”. Fu disegnato dallo Studio Tenconi e Moroni, che era il più affermato studio di progettazione della città: già a inizio Novecento aveva “firmato” la manifattura Borgomaneri e diverse ville nel “quartiere Liberty”  tra via Volta, via Cavallotti, via Dante Alighieri.

Il palazzo in Largo Boito rappresentava anche una certa novità nella tipologia: non si trattava infatti di un palazzo destinato a un’unica famiglia, ma appunto di un edificio destinato a più alloggi indipendenti. Una tipologia allora non diffusissima a Gallarate (un altro, precedente e più pregevole esempio è il “fabbricato della Società Macchi” in via Ronchetti) e che anticipava i moderni modi dell’abitare urbano, i condomìni di oggi.

Demolizione Cantoni a Gallarate (inserita in galleria)
La vista da via Bonomi, durante la demolizione della palazzina ex Cantoni. Il “palazzo plurialloggio” si vede sulla sinistra

Il grande edificio aveva e ha ancora oggi una facciata che accompagna l’incrocio tra via Trombini, largo Boito e via Bonomi. Già quando fu costruito nel 1928-29 il palazzo fronteggiava appunto l’ospedale disegnato da Camillo Boito, ancora esistente e tutelato, realizzato a partire dal 1870 su un terreno – la “vignetta del ponte di Arnate” – che faceva sempre parte delle proprietà della famiglia Ponti. Sull’altro lato della piazzetta era già stata edificata la palazzina dello stabilimento Cantoni: abbattuta nel 2012, quest’ala della fabbrica accompagnava la svolta sulla via Cantoni (oggi c’è un progetto per riedificare l’area, vedi qui, che prevede anche di ridefinire l’aspetto dell’incrocio). In qualche modo il grande palazzo “plurialloggio”fu un momento di svolta per la zona subito a Sud del vecchio borgo: fino ad allora qui – tra le attuali vie Magenta e Matteotti – c’era la maggior concentrazioni di stabilimenti della città, di lì in avanti invece l’area fuori porta iniziò sempre più a caratterizzarsi per la funzione residenziale o comunque più “nobile” (pochi anni dopo, ad esempio, fu realizzata subito a fianco del palazzo la sede dell’Istituto Sacro Cuore).

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Le bandiere che segnalano la funzione pubblica del grande palazzo

Nel Dopoguerra fu acquisito dall’ospedale Sant’Antonio Abate, poi Usl e Asl. Oggi è passato in proprietà all’Asst Valle Olona, l’azienda sanitaria territoriale degli ospedali di Busto e Gallarate: il palazzo ospita solo alcuni servizi come la medicina preventiva e il Centro Elaborazione Dati. E sarà interessante – ora che si parla di un nuovo ospedale unico – capire quale sarà il futuro di questo pregevole pezzo della città.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 29 Ottobre 2018
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