Il discorso che fece nascere la rianimazione a Varese

Nel 1971 all'ospedale di Circolo venne aperto il centro di rianimazione. Proponiamo il discorso con cui il prof Emilio Bortoluzzi fece richiesta del reparto considerato innovativo

Auguri Emilio Bortoluzzi

Negli anni ’60 il professor Bortoluzzi sosteneva la necessità di aprire un reparto che si occupasse di “morte apparente” per restituire “la vita”. Di seguito riportiamo il discorso che il professore, primario al Circolo dal 1965, lesse per sostenere un progetto di eccellenza.


Che cosa significa rianimazione nell’accezione scientifica del termine e quali sono le sue finalità: sono in molti  forse a chiedersi, leggendo nelle pagine di cronaca dei quotidiani, cosa significa che un paziente è stato rianimato dopo un arresto del cuore, o che, in alcune città sono sorti i primi centri di rianimazione.

Per chiarire i termini del problema, occorre anzitutto dire che la rianimazione, intesa come metodo sistematico di cura, con fondamenti razionali d’impostazione teorica e non come sporadica iniziativa di un medico generoso, è un fatto relativamente recente  trova la sua origine essenzialmente nella constatazione che un individuo in stato di morte apparente può ancora venir rianimato con cure appropriate, purché sia rispettato il termine di tempo utile per il recupero ( segnato dalla resistenza dei tessuti del cervello alla mancanza di ossigeno).

Naturalmente quanto abbiamo detto rappresenta la motivazione di un caso limite della rianimazione, il recupero del paziente nel quale è cessata l’attività respiratoria e cardiaca; nella pratica corrente, compito della rianimazione è sostituire con mezzi artificiali alcune funzioni del nostro organismo, quando esse siano depresse al punto da non essere più compatibili con la vita

……..

Se sono dunque queste le indicazioni principali della rianimazione, quali sono state le considerazioni che hanno guidato i medici che s’interessano di questi problemi, a creare una nuova disciplina estremamente specializzata, selezionandone l’applicazione in gruppi di lavoro e proponendone la sistemazione in centri all’uopo istituiti?

Direi che questa necessità è stata avvertita soprattutto per due motivi: il primo deriva dal fatto che la rianimazione rappresenta un metodo “eroico” di cura, che per necessità di assistenza non può ambientarsi nel reparto comune; il secondo, che riunendo uomini e mezzi di assistenza in un centro si ottengono i seguenti vantaggi: affinamento dell’esperienza e delle nozioni teoriche negli uomini che per necessità di cose debbono dedicarsi sempre a un’attività estremamente selezionata; sistemazione razionale del malato da un punto di vista igienico sanitario; possibilità di un’assistenza infermieristica minuto per minuto; concentrazione dei mezzi d’indagine e di cura; maggior tempestività di soccorso, in quanto è a disposizione del malato in pericolo di vita, un’organizzazione prevista e collaudata per l’assistenza immediata.

Sino a oggi, si può dire, la rianimazione in Italia è stata attuata in virtù di iniziative individuali di questo o quel centro ospedaliero, episodicamente, e con mezzi di fortuna e senza l’organizzazione interospedaliera che assicura alla rianimazione un carattere di continuità e un indirizzo preciso ai fini del ricovero ospedaliero.

Questa insufficienza nelle caratteristiche dell’attività rianimata derivavano – e tutt’ora derivano – più che da negligenza dei preposti all’organizzazione sanitaria , da mancanza dei mezzi finanziari necessari per l’acquisto e la messa in opera di costose apparecchiature indispensabili per il funzionamento adeguato e completo di un moderno centro di rianimazione.

È bene però che l’opinione pubblica sappia quali sono i risultati conseguiti dai centri di rianimazione; risultati che a nostro avviso giustificano largamente lo sforzo finanziario pubblico e privato sostenuto.

La grande maggioranza dei malati che viene ricoverati in un centro di rianimazione è costituito da coloro che nel passato erano considerati perduti senza possibilità di rimedio: la sopravvivenza per la gravità della malattia o della lesione riportata era questione di giorni, spesso di poche ore; la sofferenza per carenza dei mezzi di cura acuta e sovente intollerabile.

Oggi, in virtù delle eccezionali realizzazioni terapeutiche conseguite in questo campo una parte di questi pazienti si salva, e viene restituita alla famiglia e alla society, in condizioni di riprendere una vita normale.

E quali sono i casi che necessitano del ricovero in un centro di rianimazione? Più di quanti non si pensi.

Oltre ai colpiti da forme infettive ( tetano o poliomielite) o da forme tossiche ( avvelenamenti da barbiturici, da gas illuminante, ecc) una gran parte dei ricoverati è rappresentata dai traumatizzati della strada, o dalle vittime di infortuni sul lavoro, con un’incidenza statistica che cresce in modo allarmante di giorno in giorno.

Si sono ottenuti nella curva dei traumatizzati risultati spettacolari, con un tasso di sopravvivenza dei casi più gravi, nemmeno ipotizzabile tempo addietro; lo stesso si può dire per alcune delle forme infettive o tossiche già citate. È tutto un insieme di fatti che ci deve incoraggiare alla perseveranza in questo difficile campo e nella consapevolezza che un paese civile deve concretamente operare in modo che a ogni cittadino sia assicurata l’assistenza sanitaria nelle forme che il caso, di volta in volta, chiede

Emilio Bortoluzzi

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Pubblicato il 11 Dicembre 2018
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