Vittime del mal di schiena? Imparate a…usare la testa

Quando si parla di postura occorre riflettere sul ruolo della schiena e su come la utilizziamo. I consigli del fisioterapista Luca Cervini, specializzato in riabilitazione neurocognitiva 

mal di schiena

Tutto sta nella nostra testa. Da qui parte il comando che si dirama al corpo attraverso la schiena. Se l’ordine viene disatteso o realizzato in modo inappropriato, è proprio la schiena a pagarne lo scotto.

« Partendo dal presupposto che la schiena è una struttura raffinata e complessa che ha il compito di mettere in relazione fra loro le varie parti del corpo – spiega il dottor Luca Cervini fisioterapista al Centro Polispecialistico Beccaria –  ne deriva che il suo utilizzo scorretto può portare ad avere problematiche e sintomi dolorosi non solo localizzati al tronco ma anche in altre sedi distanti e spesso di difficile inquadramento diagnostico poiché non anatomicamente correlabili. Parliamo, per esempio, di dolori frequenti alle gambe, ai piedi, alle braccia, alle spalle, alle mani ecc. Ecco perchè, questi sintomi sono abbastanza diffusi ma decisamente sotto stimati e, spesso, anche sottodiagnosticati».

Per ristabilire l’equilibrio e superare lo stato doloroso, perciò, si deve passare dalla mente, da una percezione del sé corretto. La riabilitazione neurocognitiva è l’approccio che il dottor Luca Cervini, fisioterapista specializzato, attua nel recupero motorio: in presenza di patologie neurologiche, sindromi dolorose o patologie muscolo scheletriche procede con un’azione congiunta corpo-mente: « Il punto di partenza è sempre migliorare la consapevolezza di come ci si muove e si percepisce il corpo, così da evitare scompensi e riorganizzare le proprie azioni».

Non è proprio semplice arrivare all’obiettivo suggerito: ecco perché è meglio affidarsi a un professionista specificamente formato.
« Le persone più soggette ad avere patologie correlate a una postura scorretta sono tutte quelle che non hanno una buona percezione del loro corpo e che non si predispongono a usare la schiena nel modo corretto durante la giornata. In particolare, ad esempio, coloro che svolgono attività sedentarie ma non organizzano bene la posizione seduta, ma anche quanti hanno lavori molto più dinamici e si sottopongono a sforzi fisici sovraccaricando la schiena invece di utilizzarla per la sua funzione di sostegno dinamico.
Parliamo di persone di tutte le età, compresi i bambini, che, finché giovani, non lamentano sintomi ma che sono più soggetti a sviluppare da adulti patologie anche gravi come scoliosi, ernie discali, artriti e artrosi precoci».

L’attenzione, quando si parla di schiena, deve rimanere alta: il “fai da te” nel rimedio a piccoli disturbi posturali rischia di rivelarsi dannoso
«Molte persone descrivono come “comode” posizioni in realtà scorrette e che non permettono di utilizzare nel modo più efficace il corpo proprio perché ne hanno una alterata percezione e rappresentazione. Ad esempio, il frequente utilizzo di oggetti come cuscini che sostengono il tratto cervicale e quello lombare, scarpe ergonomiche “a gondola”, sedie ergonomiche di vario tipo con appoggio di piedi o ginocchia, alla lunga è controproducente perché gli effetti negativi della posizione errata vengono leniti dalla scarsa percezione del proprio corpo, appoggiato a questi strumenti. Le conseguenze emergono solo in un secondo momento».

La consapevolezza di sé e del proprio corpo è, quindi, il punto di partenza per intervenire efficacemente
« Molte terapie fisiche non considerano che è il nostro cervello a organizzare la postura e tutti i movimenti. Lavorare sui processi cognitivi, come l’immagine, sulla percezione che abbiamo del corpo e sull’attenzione che vi rivolgiamo, porta a modifiche stabili e durature invece che a semplici palliativi. Le persone con patologie dolorose tendono a sperimentare rimedi differenti, sia a livello fisico che farmacologico ma ne ottengono spesso solo benefici momentanei. Il punto è che tutte queste terapie non vanno ad agire sulla causa del dolore, che è, invece, la mancanza di coerenza fra come immaginiamo e percepiamo di muoverci e come invece lo facciamo veramente. Il dolore è il campanello d’allarme del nostro corpo per dirci: “ti stai muovendo male”».

Come stiamo seduti, come camminiamo, come portiamo zaini e borsoni. Ma anche come lavoriamo al computer o guardiamo la Tv. Persino come stiamo fissi sui nostri cellulari. La vita quotidiana ci costringe a metterci in gioco e…a mettere a rischio la nostra postura: « Sfatiamo il mito che la “posizione ingobbita” sia dovuta all’utilizzo dei device tecnologici in sé: ciò che conta è infatti il modo in cui ci predisponiamo col corpo a fare determinate azioni. Non è tanto ciò che si fa, ma come lo si fa».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Dicembre 2018
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