Coldiretti: “Con l’etichetta d’origine ricadute importanti per il Made in Varese”

La nuova norma sulla tracciabilità con l’etichettatura obbligatoria del luogo di provenienza geografica degli alimenti pone fine ad un lungo e faticoso contenzioso aperto con l’Unione europea oltre 15 anni fa

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Salumi, frutta, ma anche carne trasformata e pane prodotti nella provincia prealpina potranno avere l’indicazione di origine nazionale in etichetta. È un effetto importantissimo per il nostro territorio quello che deriverà dall’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per valorizzare la produzione nazionale e consentire scelte di acquisto consapevoli ai consumatori. Un’azione contro gli inganni dei prodotti stranieri spacciati per Made in Italy che rappresenta per Coldiretti “una grande vittoria”, come afferma il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori.

«Un risultato che siamo certi troverà nell’iter parlamentare un sostegno bipartisan per una norma a costo zero a difesa dell’interesse nazionale e a tutela della salute dei cittadini, del territorio, dell’economia e dell’occupazione» aggiunge Fiori. La norma consentirà di adeguare ed estendere a tutti i prodotti alimentari l’etichettatura obbligatoria del luogo di provenienza geografica degli alimenti ponendo fine ad un lungo e faticoso contenzioso aperto con l’Unione europea oltre 15 anni fa. In particolare si individuano disposizioni nazionali autorizzate nell’ambito di una consultazione con la Commissione sulla base del Regolamento quadro sull’etichettatura n. 1169 del 2011, in ragione della protezione della salute pubblica e dei consumatori, della prevenzione delle frodi e della protezione dei diritti di proprietà industriale e di repressione della concorrenza sleale. Sono previste sanzioni in caso di mancato rispetto delle norme che vanno da 2mila a 16mila euro, salvo che il fatto non costituisca reato di frode penalmente rilevante.

Come afferma il presidente Fiori, «l’obiettivo è dare la possibilità di conoscere finalmente la provenienza della frutta impiegata in succhi, conserve o marmellate, dei legumi in scatola o della carne utilizzata per salami e prosciutti fin ad ora nascosta ai consumatori, ma anche difendere l’efficacia in sede europea dei decreti nazionali già adottati in via sperimentale in materia di etichettatura di origine di pasta, latte, riso e pomodoro».

Una misura importante anche di fronte al ripetersi di scandali alimentari nell’Unione Europea dove si sono verificati nel 2018 quasi dieci allarmi sul cibo al giorno che mettono in pericolo la salute dei cittadini e alimentano psicosi nei consumi per le difficoltà di confinare rapidamente l’emergenza. Le maggiori preoccupazioni sono proprio determinate dalla difficoltà di rintracciare rapidamente i prodotti a rischio per toglierli dal commercio con un calo di fiducia che provoca il taglio generalizzato dei consumi che spesso ha messo in difficoltà ingiustamente interi comparti economici, con la perdita di posti di lavoro. L’esperienza di questi anni dimostra l’importanza di una informazione corretta con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine nazionale dei prodotti che va esteso a tutti gli alimenti. Secondo una ricerca di Beuc (l’organizzazione europea dei consumatori) il 70% dei cittadini europei (82% in Italia) vuole conoscere da dove viene il cibo sulle loro tavole, che diventa 90% nei casi di derivati del latte e della carne.

L’obbligo di indicare l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che, con la raccolta di milioni di firme, ha portato  l’Italia all’avanguardia in Europa. Per ultimo con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello comunitario, il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei.

«In un momento difficile per l’economia –conclude il presidente Fiori- dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti in una situazione in cui ad oggi grazie al pressing esercitato dalla Coldiretti sono stati fatti molti passi in avanti nella trasparenza dell’informazione ai consumatori ma purtroppo ancora 1/4 della spesa degli italiani resta anonima. Con questa norma si dà nuova linfa al made in Varese e a un comparto, quello agroalimentare, che vede sempre più giovani avvicinarsi con nuovi stimoli e tanta voglia di fare impresa, valorizzando quanto di bello e di buono la terra sa offrire».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Gennaio 2019
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