Malika Ayane: “Una stanza piena di scarpe e di possibilità”
E' una delle voci più raffinate del panorama musicale italiano e quest'anno, dopo tre anni di assenza della scene, è tornata con un nuovo album e un nuovo tour
È una delle voci più raffinate del panorama musicale italiano e quest’anno, dopo tre anni di assenza della scene, è tornata con un nuovo album e un nuovo tour.
“Domino”, il suo nuovo disco, è uscito a settembre ma ha la capacità di non stancare mai: doppia anima, tra il classico e l’elettronica, ci si trovano dentro tutti i “pezzi” di una carriera artistica iniziata dieci anni fa. Non è un caso che Malika Ayane ha scelto di intitolarlo come il famoso gioco da tavolo: «tessere a due facce dove le combinazioni sono quasi infinite e, a seconda di quelle che si ottengono, si raggiungono direzioni differenti. Allo stesso modo tutte le personalità sono fatte di frammenti, di piccoli pezzi, e difficilmente è solo un aspetto a prevalere: tutti noi cambiamo continuamente a seconda di scelte e reazioni nel corso di una giornata… figuriamoci nel corso di in una vita intera. Anche i brani dell’album sono tutti diversi tra loro, al punto che cambiando l’ordine delle tracce in scaletta cambia il sapore dell’ascolto”.
Venerdì 1 febbraio, alle 21, farà tappa al teatro Apollonio di Varese (biglietti ancora disponibili) con una scaletta che vedrà in scena i brani che hanno segnato la sua carriera: dai primi successi fino a quest’ultimo album nato tra Berlino, Parigi, Londra e Milano.
Ci racconta in che atmosfera è nato quest’album?
«Tutti i miei album hanno una genesi simile: quando si fa un live si trovano già tutti gli elementi che andranno a caratterizzare l’album successivo. E’ un progetto discografico nato dopo la mia partecipazione al musical “Evita” e i brani sono nati durante i brevi momenti di pausa di quel tour. Per la musica è stato diverso, mi sono spostata anche sull’elettronica e questa per me è stata una novità».
E’ un disco dove si nota una doppia anima: è per l’influenza dalle città in cui è nato?
«La parte elettronica è stata prodotta a Berlino mentre la scrittura tra Londra e Parigi. Credo che sia un album influenzato da sensibilità e quotidianità diverse e questo è stato un aspetto molto interessante da scoprire. Per la prima volta mi sono trovata a fare un lavoro fuori dalla nostra scena pop italiana e ho scoperto che tutto va avanti benissimo anche se manco: questo mi ha permesso di lavorare al disco solo per cantarlo e farlo suonare, senza pensare ad altro»
Una situazione che le ha regalato la possibilità di sentirsi più libera?
«Mi sono sempre sentita libera ma dopo questo lavoro sono rimasta incuriosita dai pareri delle persone che hanno ascoltato l’album. Pensavo di aver fatto un lavoro semplice mentre mi hanno fatto presente che è un lavoro articolato: se si pensa di meno le variabili diventano di più e le possibilità infinite».
Come vive il palcoscenico?
«Il live resta una delle parti più belle di questo lavoro nonostante sia una grande impresa fisica e di concentrazione mentale. Ci sono tre minuti prima di andare in scena in cui stabilisci l’umore del concerto, come sarà. E’ come se ci si mettesse addosso “una pellicola” per lasciare tutto il mondo fuori e immergersi nella musica e nell’intesa con il pubblico. Tutte le volte è una bella scommessa».
Incuriosisce il modo in cui si veste, più che uno sfizio sembra essere la ricerca di qualcosa…
«Sì, credo che quello che indossi possa essere l’estensione di quello che sei in quel momento. Quando sono sicura di me comunque, indosso sempre jeans e una camicia bianca e mi sento bene»
E della sua passione per le scarpe cosa ci può dire?
«Se dovessi traslocare sarebbe un problema: ci ho messo anni a trovare una casa con lo spazio necessario per poterle tenere tutte. Le conto una volta all’anno e per sentirmi meno in colpa, ogni tanto, faccio una riunione con le amiche e ne regalo qualche paio»
Guarderà il festival di Sanremo? Possiamo sapere per chi tiferà?
«Certo che lo guarderò. Mi piace ascoltare le canzoni in gara e capire a che punto sono arrivati gli artisti in gara rispetto alla loro storia. Per chi tifo? Lo decido strada facendo».
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