L’infanzia non solo a parole

Quattro libri tutti usciti nel giro di poco tempo raccontano quattro storie tra Stati Uniti, Svizzera e Italia. Al centro sempre il tema dei bambini con i loro sogni, le loro paure, le speranze

Generico 2018

Nell’ultimo mese, uno dietro l’altro ho letto quattro libri sull’infanzia. Da tempo ho bisogno di contemporaneità. Non tanto per l’ambientazione delle storie, ma per la scrittura. È una questione di energia. Non saprei spiegarlo in altro modo.

Sei mesi fa mi ero ritrovato a leggere tre libri di fila con al centro il tema del carcere. Non era stata una scelta, Valeria Parrella, Marco Malvaldi e Rachel Kushner mi erano quasi venuti a cercare con le loro storie da Nisida, Pisa e Central valley. Ora invece queste quattro storie, ambientate in periodi molto diversi ci portano dagli Stati Uniti alla Svizzera fino a Napoli.

Il treno dei bambini
Viola Ardone, Einaudi, 2019

Amerigo vive con sua mamma in una condizione di miseria nei vicoli della Napoli nel secondo dopoguerra. Il suo fratellino Luigi è morto di stenti tre anni prima. Lui ha 8 anni, non va a scuola perché tanto che futuro potrebbe avere? e poi non ci sono soldi e deve arrangiarsi.

Viola Ardone con Il treno dei bambini non racconta una storia qualsiasi, ma va a riprendere fatti poco conosciuti di quegli anni. L’Unione donne italiane e il partito comunista avevano messo in piedi un progetto di aiuto per questi bambini che venivano ospitati per alcuni mesi da famiglie del Nord. I comunisti non solo non mangiavano i bambini e non li mandavano in Siberia, come veniva raccontato, ma permettevano a centinaia di soggetti di poter andare a scuola e avere un reale sostegno economico.

La storia di Amerigo è una delle tante. La Ardone gliela fa raccontare in prima persona. Scelta coraggiosa, anche se un po’ difficile.

Il libro sta avendo un notevole successo ed è già stato tradotto nelle principali lingue. Per chi è interessato all’infanzia o a pezzi di nostra storia meno nota, vale la pena di leggerlo.

Infanzia Rubata
Sergio Devecchi, Edizioni Casagrande, 2019

In Svizzera fino al 1981 i bambini figli di genitori non regolari, ovvero non sposati, venivano dichiarati illegittimi. Finivano in istituto vivendo infanzie terribili con violenze e privazioni di ogni genere. Dal dopoguerra questa sorte è toccata a centinaia di migliaia di minori.

Sergio Devecchi, un grande educatore e direttore di numerosi centri, nel giorno della festa per il suo pensionamento racconta la sua infanzia e poi scrive questo straordinario libro pubblicato da Edizioni Casagrande.

Una storia incredibile, un libro assolutamente da leggere.

I ragazzi della Nickel
Colson Whitehead, Mondadori, 2019

“La capacità di sopportazione. Elwood, tutti i ragazzi della Nickel, esistevano in quella capacità. Ci respiravano dentro, ci mangiavano dentro, ci sognavano dentro. Era questa la loro vita, adesso. Altrimenti non sarebbero sopravvissuti. I pestaggi, gli stupri, l’inesorabile svilimento di sé. Tenevano duro”.

Con “I ragazzi della Nickel” Colson Whitehead prosegue un racconto su un pezzo di storia americana. Una storia drammatica, piena di violenza e razzismo. Questo romanzo, tratto da vicende realmente accadute fa venire la pelle d’oca in molti passaggi. Racconta di una scuola, se così la si può chiamare, dove venivano rinchiusi i ragazzi problematici, o spesso solo perché neri.

Il libro non ha la stessa forza de La ferrovia sotterranea, dove al centro c’era il periodo della schiavitù, ma in ogni caso è un grande lavoro civile e merita di esser letto.

Archivio dei bambini perduti
Valeria Luiselli, La nuova frontiera, 2019

L’idea e la prima parte del libro sono potenti. Padre, madre e due figli di 10 e 5 anni si mettono in viaggio. Fanno un lavoro simile raccogliendo testimonianze audio. Lui più con una taglio tecnico, lei giornalistico. Attraversano buona parte degli Stati Uniti. Lui alla ricerca di testimonianze sugli Apache e Geronimo. Lei quella dei bambini perduti in arrivo dai Paesi del Centro e sud America.

Il loro matrimonio è in crisi profonda e i loro due figli, avuti da precedenti storie e quindi fratellastri, lo avvertono e patiscono questo viaggio.

Nel lungo romanzo ci sono tanti ingredienti e piani di narrazioni diverse. Fino alla fine non sapremo nemmeno quali sono i loro nomi, ad eccezione della piccola Memphis.

C’è tutta l’epica del viaggio, metafora della vita che si intreccia a quella del passato inglorioso che sterminò la popolazione indigena e al presente di chi vuole costruire un muro che ripari gli Stati Uniti dall’ingresso degli immigrati.

In mezzo a tutto ci sono i bambini con il proprio vissuto, la propria innocenza, ma anche con la propria autonomia.

Un gran libro anche se non tutto ben riuscito. Scrivere come lo raccontasse un bambino (la parte finale) non è cosa semplice e sono pochi che riescono a dar voce mantenendo viva la voce dell’infanzia.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 14 Ottobre 2019
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