Aria inquinata? “Colpa di camini e stufe”
La metà del PM10 emesso in atmosfera in Lombardia è attribuito alla biomassa legnosa. Per altri inquinanti occhi puntati su agricoltura e diesel
Camini e stufe sono le responsabili del 50% delle emissioni di PM10. È questo quello che emerge dalla relazione sullo stato di attuazione del Piano regionale degli interventi per la qualità dell’aria che è stata esaminata oggi dal comitato paritetico di controllo e valutazione del Pirellone.
La relazione individua infatti nel riscaldamento domestico a biomasse legnose la principale causa dell’inquinamento da PM10 pesando per il 47% del totale. In questo senso i tecnici sottolineano “la necessità di un’azione sempre più incisiva in questo settore”. Sono infatti ancora troppi gli impianti di questo tipo: il catasto CURIT a fine ottobre 2018 registrava un parco di 71.690 impianti termici domestici a biomassa, ma si stima che quelli non ancora censiti siano anche più di 500.000. Altra criticità riguarda il settore agricolo, individuato come la principale sorgente dell’emissione di ammoniaca (quasi il 98%), inquinante che contribuisce alla formazione di particolato atmosferico secondario. A ciò si aggiunge la situazione dei centri abitati che continuano a soffrire a causa delle emissioni di ossidi di azoto prodotte dalle motorizzazioni diesel (che contribuiscono per il 59%).
Per limitare i danni alla salute e all’ambiente, Regione Lombardia prosegue così nella politica di abbattimento e di contenimento delle emissioni in atmosfera. Insieme alle altre Regioni del Bacino padano ha fatto richiesta allo Stato di aggiornare la normativa nazionale relativamente alla qualificazione degli installatori e dei manutentori al fine di favorire maggiormente il processo di registrazione degli impianti. Inoltre, l’aggiornamento del Piano Regionale Aria (PRIA) ha confermato e rilanciato i macrosettori di intervento e le misure già individuate (si tratta complessivamente di 44 misure, che risultano tutte in corso e che proseguiranno nei prossimi anni) e ha ipotizzato la data del 2025 per il possibile rientro di tutti gli inquinanti monitorati.
Qualche ritardo viene, invece, registrato a livello europeo riguardo le problematiche legate alle motorizzazioni diesel. Le politiche industriali e fiscali adottate nei Paesi europei negli ultimi decenni non hanno inciso positivamente. I Comuni possono attuare iniziative rilevanti a livello locale, ma hanno bisogno di sostegno per sviluppare le misure (zone a traffico limitato; gestione della circolazione e della sosta dei veicoli; reti ciclabili e pedonali; aumento delle aree verdi; trasporto pubblico e gestione della consegna merci). Sulle emissioni prodotte dalle attività agricole la competenza delle Regioni è più diretta, ma va osservato che sul tema specifico dell’ammoniaca, la Direttiva Nitrati (91/676/CE) oggi ammette il rilascio atmosferico di ammoniaca (NH3) per contenere le concentrazioni nelle acque superficiali. Il bacino padano necessita invece di indirizzi normativi e limiti coerenti rispetto ad entrambe le biosfere: aria ed acqua.
Completando l’esame della relazione, il Comitato paritetico di controllo e valutazione ha sottolineato l’opportunità di richiedere alla Giunta regionale di dare risposta in merito agli impianti termici domestici a biomassa e di predisporre uno specifico programma di valutazione dell’impatto ambientale delle autorizzazioni di nuovi stabilimenti industriali, o degli interventi di ampliamento e modifica degli stabilimenti industriali esistenti, puntando alla riconversione di quelle attività che invece risultano fortemente impattanti. A tale scopo, il Comitato ritiene fondamentale la mappatura delle fonti di pressione ambientale esistenti in regione, orientando tutte le autorizzazioni ambientali a valutare l’impatto cumulativo dei progetti. Gli esiti dell’esame condotto vengono ora trasmessi alla Commissione consiliare Ambiente e all’Assessore regionale competente affinché nelle prossime relazioni siano tenute in conto le osservazioni espresse.
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