L’eparina usata contro il Covid: come agisce il farmaco anticoagulante

Il professor Ageno, primario del Pronto soccorso, e uno dei massimi esperti mondiali di malattie tromboemboliche spiega come e perché viene utilizzato il medicinale anticoagulante

walter ageno

L’eparina è un farmaco anticoagulante, inserito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’elenco dei farmaci indispensabili che devono essere presenti nelle farmacie e negli ospedali di ogni paese del mondo.

In questi giorni di emergenza da Covid 19, l’eparina torna a essere attuale. Nell’elenco degli specialisti firmatari di quel documento dell’OMS c’è anche il professor Walter Ageno, primario del pronto soccorso di Varese, uno tra i maggiori esperti di patologie tromboemboliche:

« Quello dell’OMS è un importante documento di qualche anno fa che arrivava, però, a una conclusione molto attuale oggi – spiega il professor Ageno – C’è grande interesse e dibattito sull’uso dell’eparina nei pazienti Covid perché questo è un virus che colpisce anche l’interno dei vasi provocando alterazioni della coagulazione e aumentando il rischio che si formino nel sangue coaguli (trombi) sia piccoli che grandi. L’utilizzo dell’eparina permette di prevenire le complicanze trombotiche e, soprattutto, le embolie polmonari che, in un paziente già affetto da una grave patologia respiratoria, possono avere conseguenze molto gravi».

Come agisce l’eparina?
«Diciamo che procediamo con la prescrizione di punture di eparina a scopo preventivo e protettivo nella quasi totalità dei pazienti ricoverati per COVID. Non è certamente questa la cura per un virus che scatena altre e gravi conseguenze, ma l’eparina può limitare una vera e propria tempesta della coagulazione che osserviamo in molti casi e sicuramente è efficace nel prevenire l’insorgere della trombosi. Parliamo di pazienti con quadri infiammatori gravi e allettati a lungo a causa dell’insufficienza respiratoria, tutti fattori di rischio noti per l’embolia polmonare».

A Varese come intervenite?
«La nostra attenzione è  massima, per cui  eseguiamo anche ecografie quasi a tappeto sui pazienti per cercare la presenza di trombosi, sia all’ingresso che poi durante il ricovero ed eseguiamo le TAC quando ci sono sintomi potenzialmente suggestivi».

Ma le stesse misure si attuano ai pazienti seguiti a casa?
«Abbiamo condiviso dei documenti anche con la medicina del territorio sia per i pazienti COVID curati a casa o nelle RSA sia per quelli rientrati a domicilio una volta dimessi dall’ospedale. Anche in questi casi infatti i pazienti devono essere valutati per il possibile impiego di eparina».

Ma se l’eparina è ormai appurato che rientri tra i farmaci da somministrare ai pazienti, la comunità scientifica dibatte ancora sulle dosi e sulla durata:
« Domani verrà pubblicato su una rivista scientifica americana un articolo in cui si riportano diversi interventi sul tema e la posizione di un gruppo di 40 esperti internazionali, cui ho contributo, ma sicuramente il tema è ancora aperto. C’è chi sostiene che la cura preventiva debba mantenere i dosaggi standard e chi è convinto che si debba aumentarne il dosaggio per una maggiore efficacia e forse anche per contrastare la risposta infiammatoria».

Il tema è molto attuale perché è legato a una pandemia scoppiata solo un paio di mesi fa. Il professor Ageno collabora al confronto scientifico sia mondiale sia locale e ha contribuito anche ad un documento della Società italiana per lo Studio di Emostasi e Trombosi.

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Pubblicato il 17 Aprile 2020
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