Nella trincea bergamasca dei reparti Covid: “È dura ma ce la faremo”

Festeggerà la Pasqua lontano da casa, è stanca e la malinconia è forte, ma tre settimane fa non ha potuto fare a meno di rispondere alla richiesta di aiuto della Croce Rossa

terapia intensiva coronavirus

Roberta, da Vanzaghello, è stata tra i primi volontari estemporanei a rispondere alla richiesta di aiuto per l’emergenza Covid nel Bergamasco.

È un’infermiera libera professionista e da tre settimane vive in un albergo di Bergamo per prestare servizio all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, dove opererà ancora per almeno quindici giorni.

Festeggerà la Pasqua lontano da casa, è stanca e la malinconia è forte, ma tre settimane fa non ha potuto fare a meno di rispondere alla richiesta di aiuto della Croce Rossa: «È qualcosa che ti viene dal cuore, non ci ho pensato due volte e sono partita – ci ha raccontato Roberta – . A causa delle regole vigenti, l’attività all’Istituto Clinico in cui lavoro (il San Carlo a Busto Arsizio), si era ridotta molto, per cui al messaggio della Croce Rossa mi sono subito attivata. Erano le 9 di sera e dopo 12 ore mi trovavo all’Ospedale di Bergamo, a seguire il primo corso di formazione».

Sì perché, come ha raccontato Roberta, «vengono svolti continuamente dei corsi di formazione per conoscere cos’è il Covid, come bisogna affrontarlo, ma anche come usare i DPI ( i dispositivi di protezione individuale) e le regole da applicare secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità».

«In molti casi i pazienti vanno aiutati anche per bere un po’ d’acqua, i corpi sono deboli e vanno
assistiti in tutto. Siamo a disposizione anche per far comunicare tutti i pazienti, compresi quelli
sotto CPAP, con i familiari tramite videochiamate grazie ai tablet forniti dall’Ospedale» ha spiegato Roberta, una delle tante infermiere a lavoro in turni in cui la frenesia e la tensione fanno da padrone.

Ci ha raccontato anche l’angoscia dei primi attimi e la percezione delle ultime ore: «I primi giorni sono stati un inferno e ho avuto paura. Io e i colleghi avevamo paura di essere
contagiati, mentre ora è come se ci avessimo fatto “il callo”. I posti letto per malati Covid-19 sono
500 e sono tutti occupati – ha raccontato -. Il personale si sta ammalando, tanti altri sono ancora a casa in malattia; non è stato risparmiato nessuno. Ma abbiamo un supporto psicologico e, ad oggi, si registra un lieve miglioramento: non tutti finiscono in rianimazione, alcuni migliorano ed è bello poter togliere qualche CPAP (in gergo il casco; il dispositivo medico per aiutare l’ossigenazione)».

Risulta difficile pensare che nell’arco delle prossime due settimane, in cui Roberta concluderà il suo volontariato, quei 500 posti letto verranno lasciati liberi dai pazienti, nel migliore dei casi, guariti, ma «non arrivano ulteriori richieste, non ci sono altri contagi, per cui non resta che continuare a perseguire il nostro obiettivo: salvare tutti. Qua, a Bergamo, niente è lasciato al caso» ci ha tenuto a precisare l’infermiera Roberta.

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Pubblicato il 04 Aprile 2020
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