Ci siamo ripresi il tempo “perso”

Il racconto di Roberta nel periodo acuto della pandemia. "La sensazione, complice le giornate di sole e un bel giardino, è stata di vivere fuori dalla realtà"

Generico 2018

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Di seguito la storia di Roberta.

Accendo il computer, prendo la biancheria sporca e scendo in lavanderia. Quando risalgo incappo in una ragazzina assonnata che si pettina e accende il computer di papà; la scuola “a distanza” è uno sballo: ci si può alzare alle 9.45 se l’appuntamento con il maestro di quinta elementare e con i compagni è alle 10. Insomma ore e ore di sonno guadagnate al mattino e perse la sera, con videochiamate interminabili alle amiche.

Impegni, scuola, lavori domestici, cucina si mescolano senza soluzione di continuità. Un po’ di dado nel sugo e una telefonata di lavoro, i compiti e i letti da rifare. Una casa da vivere tutti insieme, volenti o nolenti.

Ma la sensazione, complice le giornate di sole e un bel giardino, è di vivere fuori dalla realtà: una sorta di Truman Show, una casa sicura e oltre il muro il mondo “vero”, con le sue paure. Sì, chiedo scusa a chi in questi giorni di quarantena ha faticato, lavorato il doppio, magari in corsia, ha vissuto da vicino l’incubo di perdere qualcuno di caro. A noi non è accaduto e questo ci ha permesso di trascorrere il tempo in una dimensione parallela. 

In tanti anni di lavoro, oltre trenta, non mi era mai successo di restare a casa per così tanto tempo: ho avuto tre figli, ma insomma, l’assenza per maternità, tra pappette e pannolini, è bella ma “non ci vivrei”.

A Varesenews chi non era in prima linea, i capi e chi si occupa di sanità, ha potuto godere delle ferie arretrate; giorni piovuti dal cielo che agganciati ai sabati e alle domeniche hanno prolungato il periodo di lontananza dalla redazione. Un periodo che qui, in casa, come altrove, ci siamo dovuti reinventare. Anche noi abbiamo intrapreso una caccia spietata a farina lievito e uova, abbiamo cotto pizze e pane ma, a nostra discolpa, diciamo che lo abbiamo sempre fatto, anche in periodi di libertà assoluta.

Ci siamo ripresi il tempo perso in questi anni, tempo poco curato, distratto, che a volte deprime e ti lascia la sensazione di essere inadeguato, di non riuscire ad arrivare ovunque, di non aver dedicato abbastanza cura alle persone. E, perché no, anche a se stessi.

Così abbiamo fatto i compiti on line, pulito armadi e mobili della cucina, passato ore interminabili  in giardino costruendo percorsi alla “giochi senza frontiere”, guardato video, film, serie tv, telefonato ai nonni barricati in casa annoiati e ai fratelli distanti e “irraggiungibili”: il lockdown li ha sorpresi ognuno nelle proprie case e da quel momento non è stato più possibile vedersi. Un distacco faticoso che ci ha fatto contare i giorni, ascoltare con attenzione ogni singolo dettaglio dei provvedimenti del Governo, per capire cosa avremmo potuto fare e soprattutto quando. Abbiamo accolto con sollievo il “liberi tutti” per i congiunti (“sì, siamo congiunti, signor tenente, e vado dalla mia mamma…”) e quando ci siamo rivisti, dopo quasi due mesi, ci siamo persino abbracciati. Una sensazione bellissima. 

Per un lungo periodo, complice il silenzio nelle strade, il tempo rallentato, le emozioni amplificate abbiamo anche pensato che la nostra vita, il nostro mondo sarebbero cambiati per sempre. E un po’ ci siamo illusi che fosse così: siamo pronti, almeno noi, qui in questa casa, per una “decrescita” condita da un po’ di felicità. Ma abbiamo già ricominciato a correre: tutti, tranne quella ragazzina spettinata e assonnata.

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Pubblicato il 27 Maggio 2020
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