Giovani e convinti: il No al referendum di Stefano Dozio e Massimo Poliseno

Rispettivamente ex consigliere e consigliere in carica nel centrosinistra, diversi per percorsi politici nel campo del centrosinistra, si schierano ora insieme per il No

Referendum costituzionale

Un No convinto al taglio dei parlamentari, considerato pericoloso per la democrazia e la rappresentanza in Parlamento di tutte le idee: al multiforme fronte del No (come multiforme è quello del Sì) si aggiunge da Cardano al Campo anche la voce dei giovani Massimo Poliseno e Stefano Dozio. Il primo è figlio dell’ex sindaca Laura Prati e consigliere comunale, il secondo è entrato in consiglio già nel mandato 2014-2019.

Ecco il testo con cui spiegano la loro posizione:

Il prossimo weekend saremo chiamati ad esprimere la nostra opinione sulla riduzione dei parlamentari:
in particolare dai 630 Deputati e 315 Senatori attuali si passerebbe rispettivamente a 400 Deputati e
200 Senatori. Si tratta di un nuovo referendum costituzionale il che significa che, non essendo
previsto alcun quorum partecipativo, chi si recherà alle urne deciderà per tutti
indipendentemente dall’affluenza. Il SI confermerebbe la riduzione dei parlamentari, mentre un NO
la cancellerebbe.
Varie sono le ragioni che fanno apparire preferibile questa seconda opzione. Votare NO.
Si tratta di una riforma che ha effetto pressoché nullo sui due principali problemi che investono la
nostra democrazia rappresentativa ossia l’inefficienza del parlamento e la disonestà e incompetenza
di alcuni suoi membri – e addirittura negativo sulla rappresentatività delle nostre istituzioni.
La scarsa efficienza del Parlamento non è dovuta al numero dei suoi membri ma alla
duplicazione delle procedure legislative causata dal fatto che Camera e Senato ad oggi svolgono
esattamente le stesse funzioni ed ogni legge, per poter essere promulgata, deve necessariamente
ricevere voto favorevole da parte di entrambe. Solo una riforma che modificasse questo meccanismo
superando il cosiddetto “bicameralismo perfetto” – eliminando il Senato o modificandone in radice
le funzioni – raggiungerebbe lo scopo di rendere più efficiente il Parlamento.
La riduzione del numero dei parlamentari non garantirebbe neppure l’onestà e la competenza
degli stessi. A determinare la composizione del Parlamento, infatti, sono il voto degli elettori e le liste
di candidati presentate dai partiti. Si tratta di aspetti su cui in parte può certamente incidere una nuova
legge elettorale che consenta la possibilità di esprimere preferenze per i candidati presentati dai partiti
– ma che per altro verso dipendono strettamente proprio da noi elettori.
È una nostra responsabilità, in qualità di cittadini-elettori, dover riconoscere e premiare le liste
formate da candidati trasparenti e competenti – così da orientare i partiti nella formazione di liste di
maggior qualità.
Su nessuno di questi aspetti ha effetto la riforma costituzionale che dovremo votare il 20 e 21
settembre.
Dal punto di vista della rappresentatività delle nostre istituzioni, la riforma apporta delle
modifiche peggiorative per quanto riguarda la vicinanza tra Parlamento, territori e cittadini. Oggi vi
sono 16 parlamentari ogni milione di abitanti, con la riforma scenderemmo a 10 parlamentari ogni
milione di abitanti. Diventeremmo uno dei paesi con il più basso numero di parlamentari in rapporto
alla popolazione complessiva. In sostanza il semplice taglio – senza una riforma elettorale ed una
riforma del Senato che ne faccia una Camera rappresentativa dei territori – ridurrebbe solamente la
rappresentanza dei territori in Parlamento.
In conclusione, dunque, abbiamo di fronte a noi una riforma populista, che si vorrebbe far
passare a furor di popolo, ma che in realtà il popolo lo danneggia.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 14 Settembre 2020
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