Neuroscienze e genitori: dal Parto positivo al Babybrains
Beatrice Sapori è referente territoriale della filosofia che intreccia osservazione e neuroscienze per aiutare futuri e neo genitori nel loro ruolo

La filosofia del “Parto positivo” sbarca sulle sponde del Lago Maggiore. A portarcela è Beatrice Sapori, giovane mamma di due bambini che ha seguito i corsi di formazione del progetto “Parto positivo nato a Londra dalla collaborazione tra una filosofa comasca, Cecilia Antolini e Silvia Dalvit Ménabé, neuroscienziata trentina. Entrambe donne, entrambe mamme, entrambe convinte della necessità “che ogni donna abbia gli strumenti per affrontare gravidanza, parto e maternità in modo positivo”, scrivono sul loro portale – Lo scopo è quello di portare le nuove conoscenze sul cervello e il suo sviluppo a chi ne ha più bisogno, ovvero ai genitori, deprivati di sonno e confusi dalle continue richieste e sfide poste dai loro bambini”.
Una filosofia cui si è avvicinata Beatrice Sapori dopo la nascita, prematura, del suo primo genito. Grazie a una borsa di studio Beatrice ha avuto l’occasione di partecipare a una formazione specifica per diventare referente territoriale del parto positivo. “Ho cominciato il corso nel 2019 e nei primi mesi dell’anno scorso era pronta ad attivare i primi laboratori in presenza per i genitori, ma l’esplodere della crisi sanitaria ha bloccato tutto”, racconta Beatrice che ha poi comunque attivato nei mesi scorsi dei laboratori online rivolti ai futuri genitori, sul Parto positivo, e di Babybrains per mamme e papà, ma anche educatori che lavorano con bambini fino ai 4 anni.
“Durante i corsi partiamo dalle conoscenze scientifiche sullo sviluppo del cervello dei bambini, dal concepimento al quarto anno di vita e le affianchiamo a osservazioni di vita vissuta, per riflettere insieme sulle buone pratiche capaci di costruire relazioni e dinamiche positive tra genitori e figli“, spiega Beatrice.
Il percorso proposto alle mamme e ai papà prevede sei tappe in cui vengono affrontati i temi dell’attaccamento, del bilinguismo del ruolo delle punizioni e delle alternative, ma anche l’importanza delle routine e dei percorsi che facilitano e sostengono lo sviluppo delle autonomie.
“Se saremo in grado di garantire che ogni bambino sia amato e desiderato fin dall’inizio, che sia trattato con rispetto – scrive Beatrice sul suo sito – e che il rispetto per la vita sia posto al gradino più alto nella scala dei valori umani e se potremo ottimizzare le fasi della vita prenatale e perinatale senza la frustrazione dei bisogni di base, senza influenze aggressive e psicologicamente nocive, il risultato potrebbe essere quello di una società non violenta. Il modo in cui trattiamo nostro figlio è lo stesso con cui nostro figlio tratterà il mondo. Ciò include anche il feto”.
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