Una mattinata in Dad e non c’è niente di normale

La lettera di una zia, a casa dal lavoro a causa della pandemia, che sta aiutando la nipotina di prima elementare ad affrontare la didattica a distanza: "Mia nipote piange e vuole tornare a scuola"

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Buongiorno direttore,

sono Mariachiara, ho 23 anni e sfortunatamente sono a casa dal lavoro fino a data da definirsi ( sono impiegata in una palestra, si esatto faccio parte di quella categoria dimenticata dal mondo, ma questo è un’altro discorso che preferisco evitare). Essendo a casa ho la fortuna di avere molto tempo a disposizione per seguire le mie nipoti anche esse a casa da scuola. E oggi vorrei riempire la casella di posta della vostra redazione con uno dei miei semplici racconti, che di semplice in realtà questa volta ha ben poco.

Una “normale” mattinata in DAD.

Questo succede ormai ogni mattina dal 26 febbraio 2020, a intervalli irregolari certamente, ma fatto sta che succede da un’anno a casa di molte famiglie italiane, di un genitore, di un nonno, di una zia, di un amico di famiglia o “a casa del papà e della mamma del mio compagno/a di scuola” (eh si perché non tutti possono organizzarsi come meglio vorrebbero).

Ma quello che succede davvero oltre alle modalità scomode per il come e per il dove viene affrontata la DAD, e ci tengo a precisare l’uso della parola scomode perché per dei bambini di prima elementare è scomoda la tecnologia, è molto più comodo stare seduti al banco anche se questo comporta lo stare 5 ore con la mascherina (e talvolta con il pomeriggio le ore diventano 8). Loro hanno capito da molto più tempo di noi, che la mascherina non è un sacrificio ma uno dei piccoli prezzi da pagare per la felicità, per stare con i compagni, “distanti ma vicini”.

Pensate che quando ci lamentiamo della mascherina dovremmo fare semplicemente come loro, accettarla per come è senza troppe teorie negazioniste e buttarla all’aria trattandola con normalità, una volta rientrarti tra le mura di casa dedicarsi ad altro senza fare i ribelli.

Ma torniamo a quello che succede davvero ogni mattina nella testa di questi bambini, partiamo dallo sconforto per non essere in classe, per perdersi l’esercizio per via delle distrazioni in casa ( e non rompete i cosiddetti m****i dicendo che si dovrebbe creare una stanza apposta, perché lo sapete meglio di me che casa anche in una stanza completamente bianca è pur sempre casa, e poi non tutti vivono in un castello).

Lo sconforto per loro è alzare la mano, ma tramite un tasto di classroom che tante volte se non lo schiacci bene rischi anche di non riuscire ad alzarla!

E quando non prende la connessione che si fa ? E quando non si capisce un esercizio? Si va in crisi, si inizia a dubitare di se stessi e delle proprie capacità. E qui come ci giustifichiamo ? Cosa diciamo?

Qui la patata bollente, anzi ustionante la passate direttamente nelle nostre mani, dove abbiamo il compito e il dovere di rassicurare i nostri bambini, che urlano piangendo che vogliono andare a scuola! Dove i pianti non si placano ma aumentano ad ogni parola che cerchiamo di trovare. Dove i nostri nervi a volte arrivano a fior di pelle e dobbiamo contare fino a 1000 prima di ritrovare la forza di non cedere alla tentazione e abbandonarci alle urla isteriche.

Qui servirebbero le maestre che poverine proprio come noi non possono fare granché, il loro cuore proprio come il nostro si stringe davanti a questa situazione. Provano a interagire, a rassicurare si, ma siamo sempre lì, sempre dietro a uno schermo e dei bambini cosa se ne fanno di uno schermo?

Hanno paura a fare gli esercizi “così”, (vi spiego meglio anche cosa intendono per “così”) “ zia così, che non si capisce niente” e cosa puoi fare se non sorridere con misto magone davanti a una risposta del genere. Si scoraggiano, perché non è così facile guardare le cose con gli occhi di una bimba di 6 anni!

Si vergognano di stare davanti a uno schermo a parlare e dire che non capiscono, che la scuola a distanza fa schifo non la vogliono più fare. E mentre due occhioni pieni di lacrime ci guardano, noi cosa possiamo fare se non pensare che forse abbiamo sbagliato qualcosa ? O forse sarebbe meglio pensare che chi sta in alto ha sbagliato ancora una volta qualcosa ma non per noi grandi, no, noi ormai siamo abituati alle false speranze, ma per loro piccoli.

I piccoli che non ne hanno sbagliata mai una! Che si sono sempre comportati come degli adulti, che non hanno mai accennato atti di ribellione difronte al virus e alle nuove regole. I piccoli che sono stati impeccabili, sempre. È questo il premio che si meritano ?

Chi siete voi, e quando dico voi sapete a chi mi riferisco non c’è bisogno di sottolineare l’ovvio suvvia siamo adulti, per devastarli dentro ? Ma quando prendete la decisione di chiudere la scuola, la domanda che vi faccio è , avete mai assistito a una crisi durante la DAD?Avete mai parlato con un bambino prima e dopo una lezione in DAD ? Avete mai chiesto loro cosa ne pensano ? Ecco se non l’avete fatto dovreste iniziare a farlo non dal prossimo DPCM ma da questo momento. Io parlo soprattutto per i piccoli. Una zia di un paese qualunque, di bambine qualunque.

Mariachiara Azzilonna

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Marzo 2021
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