Morte delle sorelle Agrati: «Giuseppe ripeteva che la sua colpa era essere sopravvissuto»
In aula i testimoni chiamati a deporre dalla difesa nel processo che vede Giuseppe Agrati imputato per il duplice omicidio delle sorella Carla e Maria
Le donazioni dell’imputato all’Anfass, la polizza assicurativa legata all’abitazione andata a fuoco e le difficoltà dei legali di Giuseppe Agrati nel portare avanti il mandato difensivo con il patrimonio dell’uomo che è tuttora sotto sequestro. Torna in aula il processo che vede Giuseppe Agrati imputato per il duplice omicidio delle sorelle Carla e Maria, morte nell’incendio che nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2015 avvolse la casa di famiglia in via Roma a Cerro Maggiore, e si riparte dai testimoni chiamati a deporre dalla difesa.
In aula una nipote di Giuseppe Agrati, l‘assicuratore che si è occupato della polizza legata all’abitazione coinvolta nell’incendio, un notaio nel cui studio il nipote Andrea chiese notizie di eventuali testamenti depositati, la direttrice di una filiale bancaria di Cerro Maggiore e la presidente di Anfass Legnano, associazione che per anni aveva annoverato tra i propri volontari una delle vittime, Carla Agrati, alla quale lo stesso imputato si avvicinò dopo quella tragica notte.
Fin dal primo incontro con la presidente Anfass Francesca Fusina, organizzato per il tramite di una cugina di vittime e imputato, Agrati, «molto provato», le ha sempre parlato delle sorelle e dell’incendio «in maniera assolutamente tragica», sottolineando più volte che «la sua colpa più grande era quella di essere sopravvissuto». Negli anni i contatti dell’uomo con l’associazione sono poi continuati e da parte sua sono arrivate anche diverse donazioni in denaro: una in particolare, la prima, ha sostanzialmente coperto le spese sostenute da Anfass per riqualificare l’angolo di giardino che è poi stato dedicato alla memoria di Carla Agrati. Incalzata dal pm, Fusina ha anche spiegato che la prima richiesta di incontro arrivata dalla cugina affondava le sue radici nel tentativo dell’uomo di essere messo in contatto con un commercialista di Varese che a suo dire «bloccava il flusso dei soldi».
Il legale di Agrati, l’avvocato Giuseppe Lauria, ha anche riportato l’attenzione su un tasto toccato più volte nel corso del processo: le difficoltà di garantire all’imputato il diritto alla difesa senza che quest’ultimo possa disporre del proprio patrimonio, tuttora sotto sequestro per effetto della causa civile intentata per il riconoscimento dell’indegnità a succedere dell’uomo.
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