Gli Stones e la cerniera
Sticky Fingers è la terza parte della Golden Age
Il sesso? Titolo esplicito, copertina di Andy Warhol con “pacco” in evidenza, cerniera vera che si apre su una mutanda bianca… La droga? Da Brown Sugar a Sister Morphine quanta ne volete. Il rock’n’roll? Sentitevi Bitch o ancora Brown Sugar. Ladies and Gentlemen: The Rolling Stones!
Terzo e penultimo capitolo della Golden Age, con un gruppo “in palla” come sempre in quel glorioso periodo. Primo disco della loro etichetta personale, perché era scaduto il contratto con la Decca: quest’ultima aveva diritto ad un ultimo singolo e loro gli avevano dato l’impubblicabile Cocksucker Blues (!), che sarebbe apparso solo sui bootleg. Mick Taylor è oramai diventato il loro chitarrista fisso, ed insieme a Keef The Riff si fa molto sentire in questo disco: sua la bella parte finale di Can’t You Hear Me Knocking, dove gli Stones dilatano la canzone un po’ come facevano i Traffic. Brano peraltro interessante perché è notevole il ruolo del sassofonista Bobby Keys, che lavorò talmente tanto con loro negli anni da essere quasi un “sesto Stones”; e se contate che all’organo c’è Billy Preston che era considerato il quinto Beatle… E a proposito di sessionmen ci aggiungiamo anche un grande che aveva già collaborato a Let it bleed, qui suona la slide in Sister Morphine, e debutterà come solista in autunno: stiamo parlando di Ry Cooder. Gran disco, con la giusta dose di sporcizia e la giusta di tenerezza.
Curiosità: su Sticky Fingers compare per la prima volta il logo più famoso del rock: la lingua che molti erroneamente attribuiscono a Andy Warhol, ma che in realtà fu disegnata da John Pasche, un diplomando del Royal College Of Art. L’ispirazione? Fu Mick che voleva la lingua della Dea Kalì, spesso mostrata nella sua raffigurazione: ovviamente la resero più pop…
La rubrica 50 anni fa la musica
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