L’elegia dei Nice di Keith Emerson
Il loro miglior disco uscì dopo la fine del gruppo

L’avvento del prog ebbe ovviamente anche l’effetto che le case discografiche rovistavano i magazzini per pubblicare materiale inedito di chi nel frattempo, magari con altre etichette, era diventato famoso: a volte era roba buona, a volte meno.
Dei Nice di Keith Emerson, sciolti nel 1970, arrivarono subito due lavori “postumi”: Five bridges, basato su un concerto per gruppo e orchestra, e questo Elegy, parte dal vivo e parte in studio, che, anche se non il più rappresentativo, si può considerare a mio parere come il miglior disco del gruppo. I quattro brani sono tutte versioni di pezzi altrui: Hang on to a dream è del cantautore Tim Hardin, My back pages di Bob Dylan, la Patetica è di Ciajkovskij, mentre la conclusiva, famosissima, America è un pezzo di West Side Story di Leonard Bernstein. Il disco, come dicevo, è molto bello anche se basato sui virtuosismi di Keith, che anticipavano EL&P: va detto che però fortunatamente non aveva ancora scoperto i sintetizzatori, dei quali secondo me abuserà in modo spesso fastidioso. Ultima nota per la splendida copertina: come quella di Five Bridges è opera dello studio Hipgnosis, quello di Atom Heart Mother e di tantissime altre memorabili invenzioni.
Curiosità: in Hang On To A Dream Emerson accenna al tema di Honky Tonk Train Blues, un pezzo del 1927 di Meade Lux Lewis. La versione completa la inciderà poi a suo nome nel 1977 e diventerà un enorme successo in Italia essendo la sigla dell’innovativo programma Odeon, di Brando Giordani ed Emilio Ravel.
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