Le canzoni per principianti di Graham Nash
Esordì anche lui come solista con pezzi semplici ma di gran gusto
“I am a simple man, so I sing a simple song”: davvero difficile pensare ad un verso che costituisca meglio un manifesto programmatico di un autore. Effettivamente l’inglese Nash era così: un grande talento per la melodia, sin dai tempi degli Hollies, e dei testi di grande ingenuità ma molto diretti. Anche quando affronta temi politici – Chicago parla dei fatti del 1968 che culminarono del famoso processo ai Chicago Eight – usa gli slogan dell’epoca (We can change the world) e forse proprio per quello crea pezzi di grandissima popolarità. Queste “Canzoni per principianti”, che completano la serie dei quattro LP solisti dopo Déjà vu, le va a incidere appena dopo la fine del suo rapporto con Joni Mitchell e, come i suoi colleghi, si circonda di tutti i migliori musicisti della scena californiana: da David Crosby a Jerry Garcia, Rita Coolidge, John Barbata, Stephen Stills, Dallas Taylor, David Lindley… E se la sua situazione sentimentale potrebbe precludere a un album triste, come vedremo fare a Joni, il buon Graham ha il suo ottimismo di fondo che invece lo rende piuttosto solare. Non inciderà molti altri dischi solisti – cinque in quasi quarant’anni – e questo rimane certo il suo migliore.
Curiosità: ma con tutti i sessionmen che aveva a disposizione, perché far suonare le tastiere in tre pezzi dallo sconosciuto Joe Yankee, che peraltro non sembra proprio un Nicky Hopkins? Perché ogni tanto in quei tempi ai musicisti piaceva nascondersi (si fa per dire..) sotto pseudonimi: Joe Yankee in realtà era il suo amico Neil Young.
La rubrica 50 anni fa la musica
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