A Cocquio Trevisago un incontro sulla crisi della Bielorussia, tra dittatura e profughi usati come armi

Sabato 8 gennaio a Caldana di Cocquio Trevisago, un'iniziativa organizzata dal Comitato Progetto Cernobyl di Induno Olona per parlare della crisi politica e sociale che sta vivendo il popolo bielorusso e dare concretamente una mano

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Un pranzo solidale, un incontro con due attiviste bielorusse e una raccolta di indumenti e beni di prima necessità per i profughi al confine tra Polonia e Bielorussia. Sono questi tre momenti dell’iniziativa in programma sabato 8 gennaio a Caldana di Cocquio Trevisago, organizzata dal Comitato Progetto Cernobyl di Induno Olona.

Obiettivo parlare della crisi politica e sociale che sta vivendo il popolo bielorusso e dare concretamente una mano per alleviare le sofferenze dei profughi che il regime di Minsk ammassa al confine con la Polonia per fare pressione sull’Europa.

L’iniziativa – che si svolgerà in via Malgarini 12 – prevede alle 12,30 un pranzo all’Osteria della Piazza (menù risotto con ossobuco a 15 euro, necessaria la prenotazione al 338 5080020). Alle 14 ci sarà un incontro con Ekaterina Ziuziuk e Iryna Khineika dell’associazione Supolka, creata da cittadini bielorussi residenti in Italia. Al termine ci saranno comunicazioni del comitato Progetto Cernobyl.

Il Comitato sta raccogliendo anche beni di prima necessità: vestiti caldi e coperte per i profughi ai confini delle Polonia con la Bielorussia. Beni che possono essere consegnati durante l’incontro o portati nella sede del comitato (a Induno Olona, in via Miano 16)  entro il 10 gennaio.

«Quello della Bielorussia è un popolo nel cuore dell’Europa senza libertà e democrazia – spiega Emilio Vanoni del Comitato Progetto Cernobyl – A raccontarlo non sembra nemmeno vero. A tutt’oggi in questo inizio del terzo millennio nel cuore dell’Europa, esiste ancora un popolo privato dei più elementari diritti di libertà e democrazia. In questi ultimi due anni in Bielorussia c’é stata una rivoluzione portata avanti in maniera assolutamente pacifica ma repressa in maniera brutale. Protagoniste di queste lotte sono “Le donne di Minsk”. Tutto ebbe inizio 9 di agosto del 2020, dopo i risultati elettorali delle elezioni presidenziali, frutto di brogli e intimidazioni. Una mobilitazione mai vista si riversa nelle piazze per protestare contro la conferma a presidente della Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, da 27 anni al potere. Le autorità di Minsk danno vita ad una massiccia campagna di arresti nei confronti di migliaia di manifestanti pacifici, cui seguono torture nei centri di detenzioni della capitale e di altre città del Paese. Una rivoluzione popolare viene repressa con una brutalità inaudita come ai tempi dei carri armati russi a Praga del 1968. Le ragazze di Minsk che avevano lottato con tanto entusiasmo, oggi sono in carcere oppure sono scappate dal loro Paese, per paura di venire incarcerate, picchiate, stuprate. Ogni giorno i tribunali del regime dispensano condanne a due, quattro, sei anni di carcere a semplici attivisti o manifestanti. I detenuti politici si contano a migliaia. Attualmente si calcola che possono essere nelle prigioni della Bielorussia da 5000 a 10.000 innocenti. I paesi confinanti sono pieni di esuli che hanno scelto la fuga di fronte al dilemma atroce se rischiare la libertà o mettersi in salvo e lasciare come ostaggi al regime parenti e amici. Le denunce di torture sono centinaia: manganelli, elettroshock, soffocamenti e le morti sospette in cella sono casi su cui nessuno indaga, corpi che vengono restituiti con evidenti segni di trauma. Anche le sanzioni commissionate dalla Unione Europea non hanno sortito nessun effetto. Anzi in alcuni casi hanno peggiorato la vita delle popolazioni che sono le prime vittime di questo regime dittatoriale, spingendo Lukashenko a chiedere protezione alla Russia di Putin».

«Di tutte queste cose – conclude Vanoni – parleremo nell’incontro con Iryna Khineika, ma parleremo anche dei drammi dei migranti ai confini della Polonia e della Bielorussia, dove si sta consumando una tragedia apocalittica in cui a morire è la stessa Europa, calpestando quei diritti umani che in passato sono stati la bandiera del mondo occidentale, ma che ora fallisce apertamente sui valori in cui aveva costituita la sua identità. Un dramma a cui non possiamo restare indifferenti».

Qui la locandina dell’incontro

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Pubblicato il 28 Dicembre 2021
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