I prezzi alle stelle dell’energia mettono a rischio la filiera tessile e abbigliamento
È la seconda manifattura del Paese con 50mila imprese e 400mila addetti. A soffrire di più le piccole imprese a monte della filiera che lavorano alla nobilitazione del tessuto

Gli aumenti delle materie prime e i prezzi record dell’energia, stanno mettendo a rischio le aziende del settore tessile e abbigliamento, che da due anni vivono una situazione molto complessa a causa dell’emergenza pandemica. L’impatto degli ultimi rincari sta influendo pesantemente sul comparto e sulle sue realtà imprenditoriali, che sono per la maggior parte di piccole dimensioni.
Gli aumenti dei costi dell’elettricità si calcolano + 470% e il +650% rispetto ai valori 2020, mentre quelli per il gas arrivano a circa +830% mettendo a rischio l’attività di tutti i settori energivori. La filiera tessile e abbigliamento, che sta cercando di uscire dalla situazione emergenziale grazie alla ripresa delle esportazioni, è a forte rischio di tenuta e se questo scenario non dovesse migliorare, ci sarà un impatto pesante sulla produzione industriale, con una possibile perdita di competitività sui mercati internazionali.
«Il continuo e, per ora, inarrestabile rialzo dei prezzi delle fonti di energia elettrica e termica – spiega Sergio Tamborini, presidente di Sistema moda Italia – sta mettendo ulteriormente sotto pressione l’intera filiera. Rialzi di questo livello non possono non riflettersi in un immediato aumento del valore dei prodotti e delle trasformazioni, in particolar modo nelle aziende a monte della filiera, composta da sempre da molte piccole imprese, soprattutto nell’ambito della nobilitazione che hanno maggiore difficoltà ad assorbire questi esorbitanti aumenti. C’è preoccupazione per la tenuta della filiera stessa. Sarebbero opportuni immediati interventi da parte del Governo, in soccorso della seconda manifattura del Paese e per salvaguardare 50.000 imprese e 400.000 addetti, soprattutto cercando di fermare una speculazione che è l’origine primaria di aumenti di questi livelli, che non sono ascrivibili a oscillazioni di mercato, derivate dal rapporto economico tra domanda e offerta e pensare ad azioni quali il ricorso alle riserve strategiche nel breve termine e successivamente ad acquisti comunitari».
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