Il castello di Elton John
Anche lui per motivi fiscali andò a incidere in Francia
E’ un Elton John ancora dall’aspetto sobrio quello che compare in copertina del suo quinto album – barbetta non troppo curata, occhiali normali… – ma si può dire che sia comunque l’album di svolta verso l’Elton superstar assoluta. Madman across the water, il precedente, era bellissimo ma per certi versi abbastanza complesso, tanto che toccò al massimo l’ottavo posto della classifica USA; qui c’è una svolta semplificatrice che inizia un filotto da sette album da primo posto.
Innanzitutto la sua band dei tour viene promossa ufficialmente: sembrerà strano ma nei dischi precedenti, pare su pressioni della casa discografica, venivano usati spessissimo dei turnisti al posto loro. Qui non solo suonano, ma cantano anche, ed il loro impasto vocale, che si sente bene in Rocket Man, diventerà un classico anche nei dischi successivi. I brani sono brevi, ottima cosa per le radio, e poi c’è una felicissima leggerezza compositiva che forse ricorda un po’ quella di certi hit dei Beatles: Honky Cat, Mona Lisas, Mellow e la già citata Rocket Man diventeranno popolarissime in tutto il mondo, proiettando il nostro nell’Olimpo dei bestseller di sempre del rock.
Curiosità: l’Honky Château del titolo è il Castello d’Herouville, un maniero del ‘700 dove aveva vissuto anche Chopin e che era stato dipinto da Van Gogh. Era stato comperato nel 1962 da un compositore francese che ne aveva fatto uno studio di registrazione “residenziale”. Elton John, anche ingolosito dai benefici fiscali, vi registrò tre album di fila a partire da questo; ai Jethro Tull andò peggio ma lo vedremo a suo tempo.
La rubrica 50 anni fa la musica
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