8 agosto 1956, tragedia a Marcinelle
Nel cuore dell'estate fa un incendio nella miniera del Bois du Cazier provocò 262 vittime, di cui 136 italiani. Una tragedia che cambiò anche la percezione degli emigranti in Belgio, con il riconoscimento delle fatiche e delle sofferenze sopportate da chi cercava lavoro e dignità
Era l’8 agosto 1956: d’improvviso in tutta Italia (e in tutta Europa) divenne famoso il nome della cittadina belga di Marcinelle, teatro di uno dei più gravi incidenti minerari nel vecchio continente. Una tragedia duramente la comunità degli italiani emigrati all’estero: furono ben 262 vittime, di cui 136 italiani. Gli italiani erano la maggioranza dei lavoratori in miniera in quel momento, seguiti dai belgi (97 morti), c’erano poi anche diversi polacchi.
Gli italiani erano arrivati in Belgio, a migliaia, a partire dal 1946-47, prima spontaneamente e poi anche in base al Protocollo Italo-Belga del 23 giugno: l’Italia forniva manodopera in cambio del carbone estratto nei bacini minerari belgi, carbone necessario per la ricostruzione del Paese devastato dalla guerra e privo di materie prime, com’era l’Italia allora.
Furono almeno 44mila gli italiani che partirono dopo il Protocollo, soprattutto da Calabria, Basilicata e Sicilia, ma anche da zone povere del Nord, come le valli bergamasche o il Friuli. In Belgio gli italiani trovarono un posto di lavoro, ma anche alloggi precari, regole dure e spesso ostilità (nella Vallonia dove si parla francese, ma anche nel Limburgo fiammingo). Autorità italiane e belghe non lesinavano misure dure contro chi chiedeva condizioni di lavoro decenti e contro chi era considerato “sovversivo”.
Le condizioni reali erano in gran parte tenute seminascoste, per non frenare l’emigrazione e gli scambi con carbone, di cui l’Italia aveva bisogno. Fu proprio l’incidente a sollevare il velo: secondo l’inchiesta ufficiale l’ incidente fu causato da una mossa avventata e da errori di comunicazione all’interno dell’ascensore di uno dei pozzi. Due carrelli urtarono una trave che, tranciando cavi elettrici e tubi d’olio, fece divampare un grande incendio, che bloccò i minatori in galleria.L’incendio si estese poi rapidamente alle gallerie, alimentato dallo stesso materiale che si doveva estrarre, il carbone.
I tentativi di liberarli furono disperati: “Affannosa lotta per strappare alla morte i trecento uomini sepolti nella miniera in fiamme“, scriveva il Corriere della Sera l’indomani. Le dimensioni della tragedia erano tali che persino il re Baldovino (con un gesto inusuale) fece visita all’impianto, che si trovava sulla collina del Bois du Cazier, sopra la cittadina di Marcinelle.
Il bilancio finale, pesantissimo, fu tracciato alle 3 di notte del 22 agosto: «Tutti morti» dissero i minatori che finalmente raggiunsero il fondo della galleria. Insieme a belgi e italiani morirono altri emigrati, dalla Polonia, ma anche da Paesi più lontani come l’Algeria. Secondo alcuni storici, la tragedia fu un momento di svolta, perché cambiò l’immagine degli emigrati in Belgio, con il riconoscimento delle fatiche e delle sofferenze sopportate da chi in Belgio cercava lavoro e dignità.
Oggi la miniera ospita un insieme di musei (qui), tra cui ovviamente quello dedicato alla tragedia dell’8 agosto: la sala degli spogliatoi – simbolo della fatica dei minatori – custodisce le biografie e le foto delle tante vittime della tragedia. Un viaggio nella memoria e non solo, perché ancora oggi la tragedia interroga su temi – l’emigrazione, i diritti, la sicurezza sul lavoro – attualissimi.
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