“Sui social bisogna pesare le parole che usiamo”, è sfida contro l’odio alla Middle School di Acof
La scuola media bilingue di The International Academy, in collaborazione con il centro tutela minori Davide Onlus, ha sperimentato il progetto “Hate Switch Code”, mirato a educare i ragazzi a una condotta rispettosa e consapevole quando navigano su internet
L’impegno costante dev’essere rivolto a responsabilizzare i giovani sull’uso delle parole, insegnando loro il grande peso di quello che si dice e di quello che si scrive, specialmente quando l’utilizzo di un social network rischia di distorcere la percezione dell’effetto che una cattiveria può avere sugli altri, ponendo un distacco che è solo fisico ma che non rende meno doloroso l’attacco, anzi lo amplifica.
Proprio un uso consapevole della comunicazione via web è stato al centro del convegno organizzato ai Molini Marzoli da ACOF Olga Fiorini, in apertura della Settimana dell’Infanzia e dell’Adolescenza organizzata dal Comune di Busto Arsizio, a conclusione di un ambizioso progetto svolto da alcune classi della scuola media bilingue dell’istituto diretto da Mauro e Cinzia Ghisellini. Il tutto in un appuntamento di alto spessore che ha avuto per protagonisti alcuni dei massimi esperti della materia, chiamati a portare una riflessione su quello che si può fare per evitare che le nuove generazioni finiscano preda (come vittime ma pure come carnefici) della troppa violenza presente in rete. Proprio per cancellare l’odio e trasformarlo in collaborazione.
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta fra i più noti in Italia, ha analizzato la strada possibile per arrivare a un uso ragionato dei social: «La nostra missione – ha sottolineato – dev’essere rivolta a dotare i giovani della responsabilità della parola, educandoli a gestire la potenza del linguaggio, a usare le frasi giuste dopo averle elaborate, ad essere consapevoli di cosa provocano. Purtroppo, spesso accade che si abbassi progressivamente l’asticella dei limiti verbali, dando sfogo agli impulsi peggiori, specie quando si è in gruppo e, invece che squadra, si diventa branco, come fossimo animali. La nostra nuova doppia vita, quella reale e quella virtuale, ci ha portato a un’esplosione di violenza ingiustificata». Per Pellai, dunque, «lo sforzo di chi educa dev’essere rivolto a fare in modo che la parte più impulsiva del nostro cervello dialoghi sempre con quella più riflessiva. Se c’è una cosa certa è che l’insulto non è un argomento».
Riccardo Bettiga, garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza, si è invece soffermato sui tanti pericoli esistenti nelle comunicazioni digitali: «Il punto – ha evidenziato – è che la costruzione dell’identità in età adolescenziale richiede uno sforzo notevole, un lavoro di cesello, un continuo susseguirsi di approcci positivi che diano sostanza e costanza alla persona, come fosse un dipinto che riceve colori e contenuti specie dall’esterno. Tuttavia, spesso basta un elemento negativo per sfasciare l’intera identità ed è questo il danno che può provocare una frase violenta, postata con leggerezza in mezzo a un mare di like e cuoricini».
A portare una significativa testimonianza nel corso della serata, sono stati i giovani della Middle School di ACOF, ovvero gli allievi della scuola secondaria di primo grado inserita in The International Academy, i quali hanno da poco concluso il percorso intitolato “Hate Switch Code”. Si tratta di un progetto svolto da Davide Onlus (centro per la tutela dei minori) con la finalità – come hanno illustrato le coordinatrici del percorso formativo Anna Barlocco e Sabrina Bosello – di «ridare attenzione alla parola, specie a quella digitata su una tastiera, definendo le conseguenze pratiche ed emotive che essa può avere sulla realtà». Un lavoro finalizzato a prevenire l’hate speech, dando agli studenti quegli strumenti necessari per seguire un codice comportamentale responsabile, scongiurando il pericolo che ci si renda protagonisti di espressioni di odio, discriminazione e bullismo all’interno della giungla online.
«La vita dei nostri ragazzi è spesso una vita di condivisione sul web con l’uso e talvolta l’abuso dei
social network», ha sottolineato Laura Papini, preside dell’Academy. «La nostra è una scuola innovativa che ritiene la tecnologia uno strumento a servizio dei nostri ragazzi. II progetto Hate Switch Code ha avuto come obiettivo primario quello di porre l’attenzione sul significato delle parole che utilizziamo e sulle conseguenze che certe parole hanno sugli altri. I ragazzi hanno costruito un codice di condotta, un modello di intervento e prevenzione che possa essere ripetibile e riproponibile su realtà differenti».
Chiara Massazza, che in ACOF si occupa della direzione didattica di SPIC (la Scuola di specialità in psicoterapia integrata e di comunità che ha collaborato al progetto) ha moderato l’incontro, ribadendo «l’importanza di continuare a lavorare con costanza sul sentiero tracciato». Un messaggio raccolto e condiviso anche da Daniela Cinzia Cerana, assessore alle politiche scolastiche del Comune di Busto Arsizio, la quale ha introdotto sia l’evento di ACOF, sia l’intero programma di approfondimenti organizzati in città in questa settimana.
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