Arriva in tutta Italia la filosofia dell’architettura pubblica: quasi 1100 per Cappai e Segantini a Visionare
I partecipanti sono stati 996 in webinar e 60 in presenza, nelle sale di Villa Panza: un totale di 1056 partecipanti

Sono ormai un appuntamento nazionale per gli architetti di tutta Italia gli incontri del ciclo di dialoghi di architettura ideati dall’architetto Fulvio Irace, che è moderatore e curatore della rassegna Visionare organizzata dall’Ordine degli Architetti di Varese.
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Protagonisti di questo mese due architetti italiani di passaggio nella nostra nazione: C+S ARCHITECTS, lo studio di architettura di Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini che ha sede a Treviso e Londra,
Per loro, si sono iscritti in 1117 al webinar, come ha spiegato ad inizio di serata il presidente dell’ordine degli architetti Elena Brusa Pasquè, mentre gli spettatori in presenza hanno quasi riempito la sala incontri di villa Panza, che tradizionalmente ospita le conversazioni che vengono organizzate a cadenza mensile dall’Ordine. Alla fine, i partecipanti sono stati 996 in webinar e 60 in presenza: un totale di 1056 partecipanti.
L’argomento è stato, ancora una volta, il ruolo nell’architettura, con una coppia di architetti che ha dato però la sua risposta fin dalle prime parole espresse: “L’architettura è sempre pubblica”.
«Siamo convinti che sia l’intervento pubblico sia l’intervento privato siano una grande occasione per restituire spazio pubblico di qualità alla comunità e che questo progetto serva a costruire l’identità di queste comunità o a rafforzarla – ha spiegato, per la coppia, Maria Alessandra Segantini – Per noi l’architettura è sempre pubblica, per definizione. Noi abitiamo le città e queste città sono di tutti, quindi quando costruiamo un edificio, anche privato, diamo un nuovo spazio e una nuova immagine alla città. Per questo quando disegnamo, spesso elaboriamo delle strategie particolari per restituire una parte di questo spazio alla comunità. Crediamo che uno spazio pubblico durevole, ben disegnato, libero, aperto, possa risolvere il grande problema di erosione dello spazio pubblico nelle città europee e possa servire a costruire una comunità più coesa».
La loro filosofia è stata fortemente influenzata dall’ambiente che li ha fatti crescere e ancora ora li circonda: «Siamo cresciuti a Venezia, che è una città in cui lo spazio pubblico è per definizione l’identità della città. Venezia è una città che non nasce vicino a un fiume, ha carenza di acqua potabile, e quindi se la inventa: costruisce delle grandi cisterne che raccolgono l’acqua degli edifici che stanno intorno e quelle cisterne diventano i campi Veneziani, cioè lo spazio pubblico della comunità. Questo è quello che noi abbiamo nel nostro DNA. Poi abbiamo anche studio a Londra, dove lo spazio pubblico è di grandissima qualità: lì gli architetti lavorano per il loro cliente ma contemporaneamente anche per la comunità e i loro spazi pubblici, in particolare i grandi parchi, regalano dei luoghi a tutti i cittadini, anche se questi abitano in spazi estremamente più compressi. Lì lo spazio pubblico è anche un museo che resta aperto e dove non devi pagare il biglietto, oppure può essere una scuola che è aperta alla comunità oltre l’orario scolastico. Ecco la nostra idea di spazio pubblico».
Ma come fare per ottenere sempre più spazi pubblici? «Si possono rendere degli spazi che sono naturalmente specializzati più ibridi, in modo che tutti i cittadini possano goderne in qualche modo»
In quest’ottica, anche la loro visita a villa Panza prima dell’incontro ha fornito uno spunto importante: «Questa villa è una grande risorsa che Varese ha: quello del collezionismo che viene poi offerto ai cittadini è un grandissimo atto di generosità, da parte di persone che amano così tanto l’arte, la vivono per sè, e poi in qualche modo la mettono a disposizione di tutti. Il mondo ha bisogno di artisti, di architetti, ma anche di collezionisti e grandi clienti che sappiano apprezzare queste potenzialità, restituendo così a tutta la comunità un grandissimo valore».
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