Save the children: In Italia oltre 300mila minorenni hanno avuto esperienza di lavoro

Pubblicata l'indagine sul lavoro minorile "Non è un gioco". Oltre a settori tradizionali, come ristorazione, commercio e lavori di campagna, emergono nuove forme di lavoro online

lavoro generiche

Pubblicata da Save the children l’indagine “Non è un gioco” sul lavoro minorile in Italia. Si stima che infatti che 336mila minorenni, tra i 7 e 15 anni, cioè prima dell’età legale, abbiano avuto esperienze di lavoro. In particolare, secondo l’indagine, circa 58mila sono adolescenti.
Il 27% dei minori intervistati ha  svolto lavori considerati dannosi per il benessere psicofisico e per i percorsi educativi.

LA NORMATIVA ITALIANA
In Italia i ragazzi possono iniziare a lavorare a 16 anni, dopo aver assolto l’obbligo scolastico.  I minori che lavorano prima dell’età consentita per legge rischiano di compromettere i loro percorsi educativi e di crescita. Tuttavia, la mancanza nel nostro Paese di una rilevazione statistica sistematica sul lavoro minorile non consente di definirne i contorni e intraprendere azioni efficaci di contrasto al fenomeno. È per questo motivo che a distanza di 10 anni Save the children ha riproposto un’indagine nazionale sul lavoro minorile per contribuire alla riflessione intorno a dati e informazioni, al fine di elaborare misure e interventi efficaci per combattere il lavoro minorile e i fenomeni connessi, come la dispersione scolastica.

I SETTORI IN CUI È DIFFUSO IL LAVORO MINORILE IN ITALIA
I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono: la ristorazione (25,9%), la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Ma emergono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Nel periodo in cui lavorano, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.

PRINCIPALI CAUSE DEL LAVORO MINORILE IN ITALIA
Tra i motivi e le cause che spingono ragazzi e ragazze ad intraprendere percorsi di lavoro ci sono l’avere soldi per sé, che riguarda il 56,3%, la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori, per il 32,6%. Non trascurabile sono i 38,5% di chi afferma di lavorare per il piacere di farlo. Il livello di istruzione dei genitori, in particolare della madre, è significativamente associato al lavoro minorile. La percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media è significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che deve far riflettere sulla trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione.

CHI E QUANDO
La maggioranza dei minori, ovvero il 53,8% che dichiara di aver lavorato durante l’ultimo anno o in passato, ha iniziato dopo i 13 anni, mentre il 6,6% prima degli 11 anni. Circa due terzi dei minorenni che hanno sperimentato forme di lavoro sono di genere maschile (65,4%) e il 5,7% ha un background migratorio. Sono state inoltre realizzate interviste ad alcuni testimoni privilegiati, tra cui rappresentanti di istituzioni, organizzazioni sindacali e università che a diverso titolo operano nell’ambito dell’educazione, del lavoro e degli affari social, per i quali le cause principali del lavoro minorile sono associate ai contesti familiari e socioeducativi in cui i minori vivono, a partire dalla condizione di povertà ed esclusione sociale. (Foto di Suvajit Roy da Pixabay)

CONSEGUENZE: TRA DISPERSIONE SCOLASTICA E INFLUENZA DEI NEET
Dall’indagine “Non è un gioco” emerge che tra i 14-15enni intervistati che lavorano, quasi 1 su 3 (29,9%) lo fa durante i giorni di scuola, tra questi il 4,9% salta le lezioni per lavorare. Dai dati si evince che la percentuale di minori bocciata durante la scuola secondaria di I o di II grado è quasi doppia tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato. La crisi economica e l’aumento della povertà in Italia, basti pensare che sono 1 milione 382 mila i minori che vivono in povertà, il 14,2% del totale, rischiano di far crescere il numero di minori costretti a lavorare prima del tempo, spingendone molti verso le forme di sfruttamento più intense. Il lavoro minorile può anche influenzare la condizione futura di giovani ‘NEET’ (Not in Education, Employment, or Training), alimentando la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale.
I ragazzi e le ragazze di età compresa tra 15 e 29 anni in questa situazione in Italia sono più di 1 milione e 500mila nel 2022, il 19 % della popolazione di riferimento, con un valore in Europa secondo solo a quello osservato in Romania.

GIUSTIZIA MINORILE E DISPERSIONE SCOLASTICA
Infine, un focus della ricerca è stato dedicato ai minori coinvolti nel circuito di giustizia minorile allo scopo di indagare, da un lato, il nesso tra povertà educativa, esperienze di lavoro minorile e coinvolgimento in circuiti illegali, dall’altro, come utilizzare percorsi di orientamento, formazione e lavoro per il reinserimento educativo e sociale. Tra i minori coinvolti nel circuito della giustizia emerge, tra l’altro, un altissimo tasso di dispersione scolastica. Sono frequenti i casi di abbandono precoce della scuola, così come percorsi di insuccesso scolastico che si traducono in elevate assenze e bocciature. (Fonte Save the Children)

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 05 Aprile 2023
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