Processo Mensa dei Poveri, la difesa di Orrigoni: “Non c’è corruzione senza un corrotto e senza vantaggi “
In circa 3 ore i difensori dell'amministratore delegato del gruppo e della società hanno passato al setaccio l'inchiesta che ha investito il patron di Tigros, accusato di aver pagato una tangente a Caianiello
Le bugie di Tonetti e la mancanza di un atto contrario ai propri doveri da parte del pubblico ufficiale. Si basa principalmente su due aspetti la difesa di Paolo Orrigoni, per il quale è stata chiesta una condanna a 6 anni per corruzione nell’ambito del processo Mensa dei Poveri, accusato di aver pagato una mazzetta da 50 mila euro a favore dell’allora capo occulto di Forza Italia in provincia di Varese, Nino Caianiello, con la collaborazione con l’allora assessore all’Urbanistica Alessandro Petrone e il coordinatore cittadino di Forza Italia Alberto Bilardo.
L’avvocato Francesco D’Alessandro (a sin. nella foto) ha esaminato i vari passaggi cronologici e tecnici che hanno portato al contratto preliminare di acquisto dell’area di via Cadore di proprietà di Pier Tonetti da parte di Tigros per spostare il supermercato da via Torino a via Cadore.
Processo Mensa dei Poveri, la difesa di Paolo Orrigoni: “Non serviva pagare nessuno”
Dalla ricostruzione fornita ai giudici dal legale non si trova in nessun passaggio la consapevolezza da parte di Orrigoni di un accordo corruttivo: «Perchè avrebbe dovuto farlo se già dal 2015 il pgt di Gallarate prevedeva l’area commerciale all’interno delle ex-manifatture Tonetti? Anche il pm ha dovuto ammettere che il pgt era vigente e che l’architetto dell’ufficio tecnico Sandoni si sbagliava. Orrigoni non aveva nessuna fretta di costruire quel supermercato e dare 4,6 milioni a Tonetti mentre invece il proprietario dell’area aveva interesse a sgravare la sua area da tutti quegli obblighi di cui avrebbe dovuto farsi carico» – e ricorda che, con la variante generale, quel regalo “inaspettato e graditissimo” (così lo aveva definito Tonetti, ndr) non era poi così inaspettato. «Cui prodest?» è la domanda che D’Alessandro rivolge ai giudici e dai quali si aspetta una risposta assolutoria.
Il pubblico ufficiale non riceve nessuna utilità. La difesa di Paolo Orrigoni fa cadere uno degli elementi della corruzione
Dalle presunte bugie di Tonetti si passa alla difesa dell’avvocato Federico Consulich (a destra nella foto) che esamina la posizione del pubblico ufficiale e cioè l’ex-assessore Petrone che è elemento essenziale nella corruzione: «L’interessamento di Orrigoni non compare mai in nessuna situazione eppure avrebbe dovuto, trattandosi del prezzo di una corruzione – spuega Consulich -. Bilardo ci dice che Petrone sapeva dell’accordo Tonetti/Orrigoni per pagare Caianiello? Questo non è rilevante. Caianiello ripete più volte di aver appreso solo nel corso delle indagini dell’accordo traOrrigoni e Tonetti per chi doveva pagare i 50 mila euro della consulenza. Petrone era al corrente dell’approvazione ma non sapeva di retrocessioni a lui. Non ci sono elementi concordanti tra le parti in gioco. Ognuno esclude uno o più elementi e questo dovrebbe già bastare a far cadere gli elementi essenziali di una corruzione».
Nessun atto contrario ai doveri d’ufficio. Perchè parlare di corruzione?
Infine aggiunge l’ultimo tassello: «Dove sono gli atti contrari ai doveri d’ufficio di Petrone? Non vengono esplicitati nell’indagine e nemmeno nella requisitoria. Un deficit probatorio e e un problema di qualificazione normativa dei fatti. Petrone in aula ci dice che esclude di aver mai sentito parlare di retrocessioni per la vicenda supermercato».
Orrigoni e Tigros non sono la stessa entità
Infine c’è la difesa di Tigros, tirata in ballo come responsabile civile dai pm che hanno chiesto 240 mila euro di risarcimento e 50 mila euro di multa: «Non si è mai cercato di allestire un qualche argomento a sostegno di una responsabilità della società. Abbiamo solo una richiesta di pena infondata. Si assimila la persona fisica con l’azienda» – la difesa di Elio Giannangeli.
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