Omicidio di Carol Maltesi, la difesa chiede il minimo della pena per Fontana

La difesa di Fontana, reo confesso dell'omicidio di Carol Maltesi, ha chiesto per l'uomo la pena della reclusione nei minimi previsti dalla legge escludendo le aggravanti contestate dalla Procura

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Escludere le circostanze aggravanti, concedere le attenuanti generiche e applicare all’imputato la pena della reclusione nei minimi previsti dalla legge. È questa la richiesta formulata dai legali di Davide Fontana nell’arringa difensiva pronunciata lunedì 5 giugno davanti alla Corte d’Assise di Busto Arsizio, penultimo atto del processo che vede il 43enne chiamato a rispondere dell’omicidio aggravato della ex compagna e vicina di casa Carol Maltesi nonché della distruzione e dell’occultamento del suo cadavere.

In aula la difesa, come aveva fatto anche il pubblico ministero Carlo Alberto Lafiandra nella sua requisitoria, ha ripercorso il rapporto tra l’imputato e la vittima, escludendo che si trattasse di una relazione segnata dalla gelosia. Tesi supportata, secondo il collegio difensivo formato dagli avvocati Stefano Paloschi e Giulia Ruggeri, dalla circostanza il 43enne non provasse in alcun modo ad impedire alla donna di uscire né la sorvegliasse e non sollevasse obiezioni rispetto ai rapporti fisici intrattenuti dalla vittima con altri uomini sia per la sua attività lavorativa che al di fuori della sfera professionale. Fontana, anzi, nei confronti della 26enne si sarebbe sempre posto in modo «molto assecondante», «totalmente assertivo e disponibile», arrivando ad accettare anche altre relazioni purché conservasse «un piccolo spazio per lui».

Nè a far scattare la molla che ha innescato l’omicidio sarebbe stato l’imminente trasferimento nel Veronese della donna, che sarebbe stata sì prossima alla partenza ma verso Praga, capitale europea dell’industria pornografica nonché città di residenza del suo compagno. Alla base dell’omicidio, consumato come in un cliché sul set di un video porno amatoriale, per la difesa ci sarebbe un mix di «sconforto, paura, frustrazione e abbandono», frutto di un rapporto totalmente sbilanciato tra i due dove le valigie ormai virtualmente pronte di Carol Maltesi avrebbero fatto crollare davanti agli occhi di Fontana «in un attimo tutto quello che aveva costruito nell’ultimo anno». In soldoni, nessun «sentimento punitivo»: ad influire sull’omicidio sarebbe stato il «turbamento emotivo provato e il senso di abbandono» di fronte alla consapevolezza di perdere la 26enne e tutto quello su cui aveva investito, un sentimento di intensità tale da non essere riconducibile a motivi abietti.

Esclusa dalla difesa anche la sussistenza dell’aggravante rappresenta da sevizie e crudeltà. In discussione c’è prima di tutto il numero di colpi – 13 sono le lesioni, ma non è possibile escludere per gli avvocati di Davide Fontana che ogni sollecitazione ne abbia provocata più di una -, ma soprattutto la circostanza che l’imputato abbia colpito Carol Maltesi «con un unico mezzo, con un’unica arma, in un unico settore e per un lasso di tempo estremamente limitato». Né inciderebbe lo stato di coscienza o di incoscienza della vittima, anche perché anche prima dello sgozzamento la vittima avrebbe potuto versare in uno stato di compromissione neurologica tale da impedirle di capire di essere prossima alla morte. La ricostruzione più verosimile, per i legali del 43enne, è quella di un raptus iniziale a seguito del quale avrebbe scelto un mezzo diverso dal martello per portare la donna ad una morte «rapida» anziché prolungarne l’agonia.

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Quello che ha portato alla morte di Carol Maltesi, peraltro, per la difesa non sarebbe stato un delitto premeditato, e non solo perché non ci sarebbe traccia di gelosia da parte di Davide Fontana o perché i profili falsi attraverso i quali Fontana ha commissionato il video che si è poi trasformato nella scena del delitto sarebbero stati gradualmente creati già a partire da giugno 2021. Il «gran finale» cui si fa cenno nello scambio di messaggi, infatti, sarebbe da ricondurre ad un successivo video e non a quello durante le cui riprese la 26enne perse la vita: video di cui, peraltro, nelle chat della mattina stessa dell’omicidio l’imputato e la vittima avrebbero discusso in chat, iniziando a dargli concretamente forma. Il 43enne, anzi, avrebbe creato un file con un elenco di video dove figuravano, accanto a quelli già chiesti o realizzati, anche quelli ancora da chiedere.

Ma soprattutto per i legali di Davide Fontana a far escludere la premeditazione c’è il fatto che l’uomo non solo non si è preconfezionato un alibi, ma anzi con il video si è catapultato con le sue stesse mani sulla scena del delitto al momento dell’omicidio, provando poi a disfarsi del cadavere «con modi maldestri, approssimativi, confusi», senza ricerche pregresse su come fare a pezzi e occultare il corpo, procurarsi il materiale necessario per la pulizia (definita «grossolana») o acquistare in anticipo gli attrezzi che avrebbe usato per il depezzamento o il congelatore in cui avrebbe conservato i resti di Carol Maltesi.

In un’arringa fiume durata quattro ore, la difesa ha escluso anche la sussistenza dell’aggravante del precedente rapporto affettivo tra imputato e vittima, parlando di una relazione «durata poco più di un mesetto», non tale da «fare ritenere sussistente una vera relazione affettiva». Anzi, i legali di Fontana hanno chiesto per il loro assistito la concessioni delle attenuanti generiche per la confessione spontanea che ha fornito un contributo alle indagini: comportamento «non scontato», arrivato in un momento in cui «il cerchio indiziario non si era ancora chiuso» intorno all’imputato che ha permesso «un’immediata accelerata delle indagini».

Davanti alla Corte d’Assise di Busto Arsizio, peraltro, la difesa di Davide Fontana ha voluto sottolineare anche «un numero che fa specie»: i 68 giorni trascorsi tra la morte di Carol Maltesi e il ritrovamento del cadavere, durante i quali «nessuno l’ha cercata veramente» nonostante il cambio di registro nelle comunicazioni e la “scomparsa” di video e messaggi vocali, nonostante il silenzio nel giorno del compleanno del figlio. Lo ha fatto parlando di «due solitudini», quella di Fontana, «che trova in lei un raggio di luce che colora un’esistenza grigia e monotona al quale si era rassegnato», e quella di Carol Maltesi, «che trova in lui un perfetto cavalier servente, che la incoraggia, la sprona, non vuole salvarla dallo stile di vita che si è scelto». L’ultima parola, poi, l’ha scritta lo stesso Davide Fontana: «So che posso sembrare parecchio distaccato e controllato – ha voluto ribadire davanti alla Corte -, ma provo un’enorme sofferenza ogni giorno, sono pentito per quello che ho fatto e non so se riuscirò mai a perdonarmi. Voglio chiedere scusa a tutti, in particolare ai familiari di Carol e a suo figlio».

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leda.mocchetti@legnanonews.com
Pubblicato il 05 Giugno 2023
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